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Musica: Venditti torna al bar ‘Tortuga’ e sogna street band per svegliare romani

17 aprile 2015 | 10.57
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Esce il 21 aprile il disco del cantautore romano, il giorno prima parte l'Instore tour nella Capitale che prosegue fino a fine mese, in attesa del grande concerto del 5 settembre allo Stadio Olimpico di Roma. Nei 9 brani l'amore, l'amicizia, l'Italia e una Roma che vale la pena venire a visitare "solo per il Vaticano, dove c'è la piazza illuminata e un uomo che ha proprio gli attributi"

di Veronica Marino

Antonello Venditti
Antonello Venditti

di Veronica Marino

Ha molta, troppa memoria. E così, è ben ancorato alla realtà. Sulle sue ali pesano i ricordi, minuziosi, stracolmi di scatti fotografici sul dolore proprio e dell’Italia, sugli uomini che non ci sono più e ne hanno fatto la storia nel bene e nel male. Lui è Antonello Venditti, ma riesce comunque a volare per ‘colpa’ della musica : "Da bambino ero grasso/ Mi prendevano in giro/ I compagni più grandi davanti al Tortuga/…Cominciava in Italia una guerra assassina/… Io scrivevo e piangevo non pensavo più a te. Nella camera vuota che luce che c’è". La luce che il cantautore romano sparge, ovunque, anche nei brani più duri del suo ultimo disco ‘Tortuga’, dal nome del bar, punto di ritrovo per gli studenti, come lui, del Liceo Giulio Cesare, ora come allora.

"Il Tortuga è un luogo di compensazione – dice Venditti, presentando il suo ultimo lavoro - dove i ragazzi si confrontavano e si sgrugnavano (erano gli anni 60/70, gli anni della battaglia politica fatta anche di botte, ndr) e dove ancora oggi i ragazzi si confrontano, ma in modo meno violento. Ogni ‘Tortuga’ è un posto dove la gente si parla, dibatte e poi ciascuno prende la sua strada". Ecco il valore di un luogo così "in una Roma dove da una parte c’è mafia capitale, l’oscurantismo, la gente che si mena e dall’altra vedi pullman che vanno a San Pietro. L’unica ragione per venire a Roma, infatti, è il Vaticano, dove c’è la piazza illuminata e un uomo che ha proprio gli attributi". Il brano ‘Tortuga’ è il nono, l’ultimo dell’album, "ma è il punto di snodo per ripartire, l’epilogo e il prologo", come se tornare in quel bar, in quel momento della vita, con le parole, i suoni, la testa e il cuore, creasse il ponte verso il futuro.

E non è un caso se il nome del bar davanti al Giulio Cesare torna nella quinta canzone del disco, ‘I Ragazzi del Tortuga’, in perfetta armonia di senso con l’altro: "Dentro questo treno che mi porta via/ con il mio sogno di democrazia, vado via/….Ferma questo treno voglio scendere/ non c’è un attimo da perdere, da ridere/Prossima stazione solo chiacchiere/nelle radio, nelle macchine, demagogia/ No, tra i ragazzi del Tortuga tornerò/E canterò per i vicoli di Roma canterò". Un concreto desiderio di Venditti, non solo la frase di una canzone. "Questo brano è nato tutto intero, testo e musica, dentro c’è il rhythm and blues, il rock, la ballata, la festa, il viaggio e c’è una banda virtuale che, però, io ho intenzione di fare davvero. Voglio andare con la banda a suonare per strada e dire ‘Svegliatevi! Questa città è vera, esiste, andiamola a scoprire!". Nessun dettaglio sul quando o sul dove, forse presto, forse a Trastevere, chissà.

In una chiacchierata libera e spontanea, Venditti presenta, fra gli altri, il suo alter ego in tutto il percorso dell’album, Alessandro Canini, poi parla di musica, di suoni e si siede tra i giornalisti ad ascoltare un brano dopo l’altro, come se anche lui potesse scoprire qualcosa di nuovo: "Quello che canta, non sono io, è un altro", sorride, spiegando che questo disco si è ‘srotolato’ a poco a poco, in due anni, man mano che venivano registrati pezzi realmente ispirati".

Venditti durante l’incontro condivide anche sentimenti intimi, come la sofferenza per la recente perdita di Alessandro Centofanti, compagno di strada fondamentale in questo lavoro discografico, musicista cruciale nella sua carriera e grande amico: "Il brano ‘Non so dirti quando’ racconta la possibilità di un incontro. Un incontro con chi non c’è più, come Sandro - spiega il cantautore - o con un amore che forse può tornare. E’ una canzone che sento tanto: rappresenta la coscienza che, quando ci sarà questo incontro", sarà il frutto di "una profonda maturazione". Ed è anche una canzone cui non ha voluto rinunciare: "Una donna americana molto famosa la voleva, al momento non posso dirvi chi. Mi ha chiesto di estrapolarla dall’album. Ma io ho detto di no. Magari l’occasione si ripresenterà".

Intanto è stato ‘no’ perché Venditti non poteva proprio estrapolare dal disco la canzone dove più di tutte c’è Sandro Centofanti: l’amore, d’altronde, in tutte le sue forme, si respira scivolando dal primo all’ultimo brano. E anche quando è contrastato e sofferto come nella tripletta d’amore ‘Ti amo inutilmente’, ‘Attento a Lei’ (dove le tastiere e il basso sono di Vicio (Luca Vicini dei Susbonica), ‘L’ultimo giorno rubato’, c’è comunque lo spazio per lasciar dischiudere nuove comprensioni: ‘In amore vince chi aspetta’. Venditti, però, è andato avanti. L’entusiasmo per la musica è alle stelle, per la possibilità che gli dà di condividere, creare, metabolizzare. Lo sguardo sul Paese in cui vive, però, è costante: "Ci sono inchieste ancora non chiuse. Serve il tempo per capire. Io direi: ‘Fermi tutti! Questa non è una rapina, ma è il momento per chiederci ‘chi siamo, dove andiamo, cosa vogliamo?".

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