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Calcio: Donadoni, troppi club vivono Nazionale come un ostacolo

07 settembre 2015 | 12.02
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Roberto Donadoni (Infophoto) - INFOPHOTO
Roberto Donadoni (Infophoto) - INFOPHOTO

"La sensazione è che da parte di troppe società di A il fattore Nazionale sia vissuto un po' come un ostacolo alla stagione e questo non si sposa con gli interessi del ct e del Paese che vuol vedere l'Italia primeggiare". Troppo poco spazio per la Nazionale soffocata dal calendario e dagli impegni dei club, anche l'ex commissario tecnico dell'Italia, Roberto Donadoni, punta l'indice sulle difficoltà che gli azzurri incontrano nell'organizzare al meglio gli impegni internazionali.

All'indomani della vittoria di misura 1-0 sulla Bulgaria, con la qualificazione agli Europei ormai a un passo, l'ex allenatore del Parma, ai microfoni di 'Radio anch'io Sport' su RadioUno, dice la sua sull'argomento. "Credo che questo sia un male che la Nazionale si trascina da sempre, purtroppo c'è un tipo di cultura in Italia che non privilegia la Nazionale, basta vedere gli anni passati, anche quando ero io commissario tecnico. Per cultura e mentalità abbiamo tenuto i soliti canoni che vanno modernizzati perché è giusto pretendere ma è anche giusto mettere il ct in condizione di giocare in un certo modo e avere una squadra altamente competitiva".

"C'è una coperta troppo corta -prosegue Donadoni-. La Nazionale alle volte è vissuta come una valvola di sfogo rispetto a un campionato intenso ma poi gli impegni che la Nazionale ha non si sposano con questo ragionamento. Bisogna fare di necessità virtù ma questa non è la condizione ideale. Il buonsenso potrebbe dare vantaggi a tutti".

Su chi dice che il male dell'Italia è anche dovuto al fatto che ancora troppi pochi giocatori vanno a fare esperienza all'estero, Donadoni replica: "Il calcio italiano si dice sia un po' mediocre, se è così si giustifica il fatto che i nostri giocatori fanno più fatica ad andare all'estero. Non credo sia così. Per costruire bisogna però avere la possibilità di programmare, è fondamentale una unità tra club e Federazione. Bisogna programmare mentre noi diamo tutto per scontato, cosa che fanno anche i club, bisogna far crescere i giovani, l'esperienza si costruisce giocando e rischiando di far brutte figura anche a livello di club -sottolinea l'ex ct azzurro-. Non si ha voglia di aspettare e rischiare qualcosa, e questi sono i risultati. La Juve sta insegnando qualcosa, sta provando a ringiovanire la squadra rischiando ma il campionato è lungo e i valori verranno fuori. Bisogna che i nostri giovani crescano ed abbiano la voglia di misurarsi, una spinta che vedo che hanno un po' perso le nuove generazioni, è venuta meno la fame e questo dove i valori sono livellati fa una grandissima differenza".

Sulla scarsa vena realizzativa degli azzurri nelle ultime due uscite Donadoni conclude: "Quando non si fa gol è facile puntare il dito su chi dovrebbe finalizzare, il calcio moderno ci ha fatto capire che la via del gol spesso passa per vie diverse e non solo per gli attaccanti di ruolo. Pellè? L'ho avuto al Parma, oltre alla grande fisicità aveva qualità tecniche di altissimo livello, andare all'estero lo ha aiutato a crescere, lo stesso discorso vale per Darmian. Toni? Se Toni a fine campionato dimostrerà di essere quello della scorsa stagione è giusto che il ct lo faccia giocare indipendentemente da età".

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