Cetti Galante: "Lasciare libertà a Regioni".
"Più libertà alle Regioni di modulare l'erogazione dei voucher in base al servizio erogato dalle società di outplacement". A chiederlo Cetti Galante, presidente Associazione italiana società di outplacement (Aiso), facendo il punto con Labitalia su alcuni aspetti del nuovo contratto di ricollocazione, che dovrà accompagnare i dipendenti licenziati nella ricerca di una nuova occupazione.
"Lasciare libertà alle Regioni, se la competenza rimarrà a loro, di modulare l’erogabilità dei voucher -sostiene- in tranche coerenti con lo sviluppo del servizio, permettendo alle società di lavorare nel modo più efficace in termini di risultati di ricollocazione".
"Tra questi risultati va, inoltre, considerata -sostiene- anche la nascita di start up, al momento non prevista dal contratto di ricollocazione, che si sta rilevando una soluzione per molte persone senior con competenze spendibili in nuove attività".
Un altro punto critico rilevato da Aiso è "l’attuale indifferenziazione del voucher rispetto alla fascia di popolazione interessata, fermo restando l’esclusione dei dirigenti dal contratto di ricollocazione". "In pratica, per ora -spiega- il voucher verrà calcolato solo in base alla spendibilità della persona sul mercato del lavoro e non, anche, secondo la dimensione della complessità di competenze e ruolo dell’interessato".
"L’esclusivo riferimento all’impiegabilità occupazionale attraverso tabelle prestabilite -osserva Cetti Galante- rischia di allontanare la persona coinvolta dal mercato del lavoro. Suggeriamo invece di considerare, per la valutazione di spendibilità del lavoratore sul mercato del lavoro, anche e soprattutto criteri soggettivi legati alle competenze maturate e in via di sviluppo, approfittando quindi del momento di passaggio per valorizzare, con il supporto di coach specializzati e con l’utilizzo di adeguate piattaforme informatiche, anche il potenziale non ancora espresso".
Per Aiso, "il punto critico è la mancata ulteriore differenziazione degli enti accreditati per fasce di popolazione aziendale". "Le società di outplacement -ricorda- fanno un lavoro accurato e su misura per la singola persona, agendo sulle competenze spendibili nel mercato del lavoro, costruendo un progetto professionale in grado di intercettare le opportunità di mercato sia nel mondo delle imprese sia nella consulenza e nella microimprenditorialità".
"Il tutto -sottolinea- con una propensione alla gestione e a lo sviluppo delle carriere individuali, mentre un’agenzia di intermediazione si limita a far incontrare domanda e offerta in base al job profile del candidato e alle posizioni aperte sul mercato. Il servizio offerto dalle società di outplacement, che sono specializzate nell’orientamento e accompagnamento a individuare una nuova occupazione, richiede professionalità esperte e dedicate e metodologie studiate e aggiornate per le diverse condizioni del mercato che un’agenzia di intermediazione non ha per sua natura".
"Le società di outplacement, indipendentemente dalle posizioni aperte, aiutano le persone -ricorda la presidente Associazione italiana società di outplacement- a scoprire nuove potenzialità, punti di forza e punti di miglioramento e ad aprire nuovi orizzonti e possibilità lavorative. Sarebbe un’occasione sprecata se il contratto di ricollocazione si riducesse ad altro, all’esclusivo matching fra domanda e offerta, perché troppi licenziati resterebbero esclusi dal buon esito".
Un altro punto critico, prosegue, è "aver fatto rientrare nel voucher di ricollocazione la riqualificazione professionale che, affidata alla formazione, ha un obiettivo di supporto nel completare-aggiornare le competenze di base delle persone". "Tale attività svolta da specifici enti di formazione deve avere costi separati. Ma per ora la norma mette erroneamente tutto insieme", conclude.
