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Lavoro: l'identikit, pochi qualificati e brillanti dottori ricerca italiani

01 ottobre 2015 | 17.31
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Lavoro: l'identikit, pochi qualificati e brillanti dottori ricerca italiani

Pochi, molto qualificati e con performance occupazionali brillanti. E' quanto emerge dall’indagine AlmaLaurea del 2015 che fotografa le performance formative e professionali di circa 2.400 dottori di ricerca italiani. L’analisi, "sebbene evidenzi il buon esito occupazionale dei dottori di ricerca già a un anno dal titolo, mostra che il mercato del lavoro nazionale non riesce a valorizzare appieno il percorso formativo e il potenziale professionale dei dottori".

"Tali risultati -spiega Almalaurea- emergono sia con riferimento allo storico e tuttora principale sbocco professionale dei dottori di ricerca, ossia l’insegnamento e la ricerca in ambito accademico che sono caratterizzati da tempi lunghi di stabilizzazione contrattuale e valorizzazione professionale, sia in riferimento alle loro performance occupazionali all’interno del tessuto produttivo nazionale, dove il titolo di dottorato fatica tuttora ad essere apprezzato".

"Alla base di questa mancata valorizzazione -spiega- delle risorse umane più qualificate prodotte dal nostro sistema formativo ci sono alcuni tratti che caratterizzano il nostro Paese: tra questi, una forte prevalenza di piccole e micro imprese a gestione familiare, specializzate in settori a medio basso contenuto tecnologico, e il forte ritardo nei tassi di scolarizzazione della popolazione adulta, che si riscontra anche tra i manager".

Tratti ai quali "si associa una ridotta propensione delle imprese ad investire sia in capitale umano sia in ricerca e sviluppo: nel 2012, in Italia, le risorse destinate a quest’ultima erano pari all’1,25% del prodotto interno lordo nazionale, contro il 3,80% della Finlandia, il 2,89% della Germania! Non stupisce quindi che in Italia la percentuale di dottori di ricerca sia nettamente più bassa che nel resto d’Europa: su mille abitanti, la Finlandia ha 3,7 dottori di ricerca, la Germania 2,6, l’Italia solo 0,6".

“Non si tratta -spiega il professore Francesco Ferrante, curatore delle indagini AlmaLaurea- solo di investire più risorse finanziarie ma di modificare una cultura diffusa nel Paese, anche all’interno della classe imprenditoriale, che attribuisce scarso valore alla ricerca e alla conoscenza. Un passaggio che richiede cambiamenti a tutti gli attori coinvolti e una politica industriale coerente con quest’obiettivo”.

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