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Vino: Antium-Bellone riscopre antico vitigno laziale

20 maggio 2015 | 18.44
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Nuovo progetto per l’azienda vitivinicola Casale del Giglio

Vino: Antium-Bellone riscopre antico vitigno laziale

Nuovo progetto per l’azienda vitivinicola laziale Casale del Giglio, impegnata da diversi anni nella sperimentazione e nel recupero della vitivinicoltura di qualità. 'Antium - Bellone di Anzio 2014' è la nuova etichetta che segna il ritorno dell’antico vitigno autoctono Bellone, tipico proprio della zona di Anzio. Di origini antichissime, noto già in epoca romana e citato da Plinio come 'uva pantastica', il Bellone è presente nell’area che va dai Castelli Romani ai Monti Lepini, sino alle propaggini verso il mare. Qui, alle spalle di Anzio, ha trovato, sui terreni sciolti, sabbiosi e caldi, un microclima molto favorevole, caratterizzato dalla persistente brezza marina. "Già nel Bollettino Ampelografico del 1881 era descritto come vitigno con grappoli dalle proporzioni maggiori ma dai caratteri analoghi ai Belli, gruppo di vitigni diffusi intorno a Roma. Osservazioni confermate anche da Mangarino nel 1888 e Mancini nel 1893", sottolinea una nota.

"Conosciuto anche come 'uva pane' per la sua buccia spessa e consistente, il Bellone - spiega - si presenta di colore giallo intenso con riflessi dorati. Vino solare con sentori di frutta esotica ben matura, come mango e papaya, contrapposti a una consistente acidità, lo rendono idoneo a lunghi affinamenti in bottiglia. In bocca risulta molto ampio, ricco e persistente, con leggere sfumature floreali e speziate e con sapidità e mineralità molto pronunciate. L’abbinamento ideale è con la 'Minestra di Sgavajone': tipica minestra dei pescatori di Anzio con brodo di questa varietà di pesce autoctona che, spesso non commerciabile, veniva consumata in famiglia".

Un risultato importante, quello del Bellone, che coincide con la ricorrenza dei '30 anni di ricerca e sperimentazione' dell’azienda. "Nel 1985 - ricorda - Dino Santarelli ha avviato un progetto di sperimentazione che, nel tempo, ha determinato la produzione di vini di considerevole qualità, sempre più apprezzati, anche a livello internazionale". "Negli anni Novanta, Antonio Santarelli, seguendo l’intuito paterno, ha portato avanti il lavoro con passione su quasi 60 varietà di vitigni diversi, con la preziosa collaborazione dell’enologo trentino, Paolo Tiefenthaler, che dal 1988 è il suo direttore tecnico. La sperimentazione vinicola si è concentrata, dapprima, internamente in azienda, con l’introduzione sul territorio dell’Agro Pontino di vigneti provenienti da Bordeaux", conclude.

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