"Quello dell'interprete è un mestiere che va al di là della semplice traduzione. Lo stiamo vedendo in questi giorni, anzi in queste ore a Vienna, dove decine di interpreti di lingua araba, farsi e curdo, per la maggior parte gratuitamente, prestano il loro servizio ai profughi migranti". Lo dice a Labitalia Sandra Bertolini, presidente di Aiti, Associazione italiana traduttori e interpreti e membro del Consiglio nazionale della Federazione internazionale traduttori.
"La nostra professione -spiega- non si limita a tradurre delle parole da una lingua all'altra, soprattutto in questo momento particolare che stanno attraversando alcune popolazioni. Le nostre competenze sono legate anche alla necessità di integrazione dei profughi che chiedono informazioni su dove andare e su cosa fare".
"Per questo, il nostro impegno -ricorda Sandra Bertolini- va anche tutelato, soprattutto in quelle zone di guerra dove viene richiesto. Da pochi giorni, infatti, la Federazione internazionale dei traduttori ha rilasciato una 'carta' per proteggere i colleghi interpreti che vivono e lavorano nelle zone di conflitto".
"Ma l'approccio particolare che -ammette- un interprete deve avere con i migranti, così come con dei professori di Medicina o esperti in Legge, fa comprendere la competenza che sta alla base della sua professionalità".
"Una competenza -sottolinea la presidente dell'associazione di categoria- che è frutto non solo di anni di studio, ma soprattutto di una formazione che deve assolutamente essere continua. Non è pensabile che il patrimonio di conoscenze di un interprete si limiti a un corso universitario oppure a un master".
"Il mondo evolve -precisa Sandra Bertolini- e concetti ed espressioni vanno di pari passo con la vita di tutti i giorni. E l'interprete deve essere sempre pronto e competente a un summit politico così come sui binari di un treno in arrivo dalle zone di guerra".
