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Beni culturali: Franceschini, la meta' non paga il biglietto dei musei

12 maggio 2014 | 17.38
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"Sarebbe più giusto fare come nel sistema francese, che apre i musei al pubblico una volta al mese e per il resto tutti pagano".Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, propone di cambiare le regole di tariffazione dei musei pubblici, che attualmente consentono a studenti, giovani e anziani al di sopra dei 65 anni di entrare gratuitamente. E' una delle iniziative che il ministro ha esposto questa mattina durante l'incontro 'Finanziare la cultura', al teatro Franco Parenti di Milano.

Tra gli argomenti toccati anche l'autonomia dei musei, una condizione che "alcuni possono affrontare, altri, nonostante il grande valore scientifico, non possono essere gestiti con una logica manageriale". La creazione di poli museali e l'affiancamento di manager a chi attualmente gestisce i musei sarebbero, secondo Franceschini, tra le risorse necessarie per risollevare la condizione economica del sistema museale italiano. Come ricorda il responsabile dei beni culturali, "resteremo orgogliosamente un sistema diffuso, ma dobbiamo andare verso la forma dei poli museali integrati, gestiti con capacità che li sanno far funzionare dal punto di vista amministrativo e dei servizi aggiuntivi, in cui il museo grande -aggiunge Franceschini- aiuta quello piccolo, superando l'assenza di integrazione dal punto di vista museale tra sistema statale e sistema dei comuni".

Infine un ultimo accenno al rapporto tra risorse pubbliche e private, perché "la vastità del settore artistico richiederà sempre risorse pubbliche, che vanno integrate utilmente da risorse dei privati", spiega Franceschini, il quale prevede la creazione di "un incentivo fiscale vero, che aiuti il privato che è disposto ad aiutare il pubblico. Abbiamo bisogno di un grande intervento a tutela del patrimonio", conclude il ministro. C'è poi il tema dei servizi aggiuntivi, come i bookshop allestiti nelle sale dei musei e gestiti da società private. Per Franceschini non bisognerebbe "arrendersi all'idea che il pubblico possa gestirli o mettersi in concorrenza col privato. Oggi non ci sono le professionalità -spiega il ministro-, ma dovremmo costruire la possibilità di sperimentare se esistono le condizioni per far gestire i servizi aggiuntivi proficuamente dal pubblico".

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