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Caso Hasib, disposta interdittiva per uno dei poliziotti indagati: ''Nessun ravvedimento''

28 aprile 2023 | 18.27
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Caso Hasib, disposta interdittiva per uno dei poliziotti indagati: ''Nessun ravvedimento''

Il tribunale del Riesame di Roma ha accolto l’appello della Procura disponendo una misura interdittiva di un anno nei confronti di Alessandro Sicuranza, uno dei poliziotti indagati per falso in relazione all’annotazione di servizio redatta dopo l’intervento nell’abitazione di Hasib Omerovic, il 36enne precipitato dalla finestra il 25 luglio scorso durante un’attività degli agenti del commissariato Primavalle nell’abitazione di via Gerolamo Aleandro. La misura disposta dai giudici del Riesame è al momento sospesa in attesa della decisione della Cassazione, alla quale si rivolgerà ora la difesa dell’agente, rappresentato dall’avvocato Marco Casalini. Secondo il tribunale della libertà, per il poliziotto Sicuranza "sussiste una solida provvista indiziaria con riferimento al delitto di falso ideologico in atto pubblico’’: l’agente, lo scorso 25 luglio ‘’sottoscriveva l'annotazione, nella quale venivano descritte in modo difforme dal reale le modalità dell'intervento effettuato nell'abitazione di Omerovic’’. Per i giudici ‘’sussiste nei confronti del poliziotto il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede’’.

Nell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal pm Stefano Luciani, ad uno dei poliziotti intervenuti nell’appartamento e finito agli arresti domiciliari, Andrea Pellegrini, viene contestata l’accusa di tortura. Oltre a Pellegrini, sono indagati altri agenti, accusati a vario titolo di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio per l’annotazione di servizio scritta dopo l’intervento a casa di Omerovic. Per i giudici del Riesame è ‘’rilevante anche la circostanza che, nell'annotazione in esame, non si dà atto che l'intervento congiunto era stato concordato telefonicamente, indicandosi falsamente che la pattuglia ‘Primavalle 6’ ‘incrociava’, per caso fortuito, la pattuglia ‘Primavalle 12’’’. La mattina dello scorso 25 luglio, in casa di Omerovic ‘’si presentavano ben due pattuglie, composte da quattro agenti, di cui due in borghese e due in divisa. Circostanza questa già di per sé anomala – sottolineano i giudici - considerato che l'attività da svolgere era quella di identificare un soggetto noto per essere del tutto innocuo ed anche affetto da disabilità, in quanto sordomuto; singolare anche che gli agenti abbiano deciso di entrare tutti e quattro nell'appartamento, pur non avendo alcun titolo per farlo”.

“Se lo scopo dell'intervento era solo quella di identificare Omerovic, infatti, era sufficiente fermarsi sull'uscio della porta – si legge nel provvedimento del Riesame - Tali elementi inducono a ritenere che, in realtà, la finalità dell'intervento operato non fosse semplicemente quella di identificare Omerovic, ma quella di dare una lezione a quest'ultimo, colpevole di avere importunato delle ragazze del quartiere; ciò è dimostrato dal comportamento tenuto da Pellegrini che, nel momento in cui la vittima apriva la porta dell'appartamento, la colpiva immediatamente e senza apparente ragione, dandole due schiaffi ed intimandole con tono alterato di non ‘azzardarsi mai più’ a molestare le ragazze del quartiere’’. Di questi fatti, ‘’come già indicato, nell'annotazione in esame non vi è traccia’’ sottolineano i giudici ‘’né tantomeno delle successive reali modalità dell'intervento effettuato nell'abitazione dell'Omerovic’’.

Secondo i giudici, l’agente Sicuranza ‘’non dimostrava alcun ravvedimento, nel momento in cui nel corso dell'interrogatorio ridimensionava quanto dichiarato al suo superiore, affermando che gli schiaffi sferrati da Pellegrini a Omerovic non erano stati violenti e che la porta della stanza da letto era stata da lui aperta con una semplice spallata, lasciando intendere che la stessa fosse già danneggiata. Circostanza quest’ultima non vera come dimostrato dagli accertamenti effettuati dalla polizia scientifica oltre che dalle dichiarazioni rese dai parenti della vittima ‘’da cui emergeva che la porta era stata in realtà sfondata con un calcio e, uscita dai cardini, era caduta a terra’’. Il poliziotto indagato inoltre ‘’negava tutte le ulteriori condotte violente e minatorie poste in essere da Pellegrini in sua presenza. Le dichiarazioni di Sicuranza, spiega il giudice, ‘’rese a cinque mesi dai fatti, quando la persona offesa era ancora ricoverata in terapia intensiva a causa della gravità delle lesioni riportate, non sembrano denotare una presa di distanza dalle condotte illecite né la volontà di aiutare gli inquirenti a fare luce sulla vicenda”.

Rilevante in tal senso anche che l'indagato, sempre nel corso dell'interrogatorio’’ ha tentato di sminuire il racconto’’ dell’agente che ha collaborato con gli inquirenti e che ha aiutato a fare luce su quanto realmente accaduto. Tutti questi fatti, concludono i giudici del Riesame, inducono a ritenere che il poliziotto, “non avendo preso le distanze dalla vicenda e non avendone consapevolizzato l'effettivo disvalore, se lasciato nell'ambiente di lavoro in cui i fatti in esame sono maturati, possa reiterare, in spregio della divisa che indossa, analoghe condotte delittuose’’.

Per un’altra poliziotta, che ha partecipato all’intervento, i giudici hanno ritenuto, invece, di non accogliere l’appello per l’applicazione dell’interdettiva. “Ad avviso del Collegio, seppure gli elementi in atti inducono a ritenere che alla base dell'intervento vi era una finalità punitiva, non appare comprovato che la stessa fosse condivisa” dalla poliziotta “appena entrata in servizio e che non conosceva nemmeno Omerovic, noto invece agli altri agenti, e che lei abbia pertanto consapevolmente partecipato ad un'attività pianificata e preordinata al raggiungimento di uno scopo comune”.

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