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Caso Pamela, confermato ergastolo per Oseghale

22 febbraio 2023 | 11.06
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Applausi in aula alla lettura della sentenza, l'imputato non era presente

(Foto da Facebook)
(Foto da Facebook)

Confermato l'ergastolo per Innocent Oseghale accusato di avere ucciso e fatto a pezzi la diciottenne Pamela Mastropietro nel gennaio del 2018 a Macerata. Il processo d'appello bis alla corte di Assise di appello di Perugia ha riguardato solo il reato di violenza sessuale della 18enne romana che si allontanò dalla comunità di Corridonia e i cui resti furono poi ritrovati in due trolley a Pollenza (Macerata) nel gennaio di cinque anni fa. Applausi in aula alla lettura della sentenza, letta dalla Corte dopo un’ora di camera di consiglio.

"E una sentenza giusta, spero sia ergastolo a vita senza sconti di pena", ha commentato Alessandra Verni, la mamma di Pamela. La donna ha confessato di essere "tesa" perché "ho imparato che nella vita non si sa mai, dovevo aspettarmi di tutto. Ma confidavo nei giudici, nella loro umanità e nel fatto che hanno letto le carte". Questa sentenza "un po’ di sollievo me lo dà" ma "ora vogliamo gli altri. Ci sono le prove che ci stavano altri, ci sono altri mostri fuori da prendere", ha detto. Dopo la sentenza la mamma di Pamela ha abbracciato amici e parenti e fuori dal tribunale ha urlato "ergastolo".

Secondo il sostituto procuratore generale Paolo Barlucchi, che ha chiesto la conferma della condanna - Oseghale è stato già condannato all'ergastolo per avere ucciso e fatto a pezzi la giovane - "l’omicidio è avvenuto in occasione della violenza sessuale". "Pamela non era una prostituta", ha precisato Barlucchi oggi durante l'udeinza, "la sentenza della Corte di appello usa un’espressione gentile ed esatta secondo cui Pamela usava il suo corpo per avere quello di cui aveva un bisogno impellente", per avere "eroina". "C’è una verità nella vita di Pamela che è la sofferenza psichica, la sofferenza che si fa disturbo psichico e dipendenza da eroina", ha continuato spiegando di aver ripensato al "film Accattone di Pasolini" di cui mi colpì la frase quelli come me l’inferno ‘lo hanno già sofferto in terra’. "Se penso a Pamela penso a una persona che ha sofferto - ha proseguito- Nessun giudizio morale sulla vittima, comprensione e affetto".

"Perché una ragazza che esce indenne dai rapporti" con i due uomini ascoltati oggi come testimoni "esce a pezzi dal rapporto con Oseghale? Nel processo abbiamo grandi quantità di elementi che ci dicono che quel rapporto, che doveva essere come gli altri, è stato contrassegnato dalla violenza in occasione dell’omicidio. Pamela era totalmente nelle mani di Oseghale che poteva fare quello che voleva, ha preteso un rapporto non protetto", ha detto ancora Barlucchi. Oseghale, ha ricostruito il sostituto procuratore generale, la teneva al "guinzaglio, per darle o non darle eroina quando voleva". "Oseghale è uscito e l’ha chiusa in casa a chiave", ha sottolineato per dare l’idea del rapporto aggiungendo che "l’omicidio è avvenuto in occasione della violenza sessuale". Ma qualcosa è "andato storto - ha sottolineato - Oseghale ha pensato di avere a che fare con una tossica persa invece ha trovato una ragazza che usava il suo corpo solo per necessità e manteneva la capacità di dettare un minimo di regole".

"La violenza sessuale non è provata", aveva detto l’avvocato Umberto Gramenzi, legale insieme a Simone Matraxia, di Oseghale che oggi non era presente in aula. Negli atti processuali "non c’è nulla di nulla per l’aggravante della violenza sessuale", ha sottolineato Gramenzi. Secondo il legale inoltre "non ci sta nessun atto processuale" che colloca il rapporto sessuale tra Oseghale e la ragazza all’interno dell’abitazione di lui e che stabilisce sia avvenuto dopo l’assunzione di droga da parte della 18enne. "La dose di stupefacente assunta era al di sotto della dose terapeutica ed era in grado di creare uno stato di incapacità?", ha chiesto poi il legale.

La Corte di Assise di Appello di Perugia ha deciso di ascoltare a porte chiuse le testimonianze dei due uomini che incontrarono Pamela e ebbero rapporti con lei prima dell’omicidio.

Prima dell’inizio del dibattimento, fuori dal palazzo della Corte di Assise di appello sono stati srotolati a terra degli striscioni per Pamela: "Pamela grida giustizia e noi siamo la sua voce!", si legge su uno. "Il disagio non può essere un alibi per un massacro. Pamela voleva vivere e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni", recita un altro. "Pena dura e certa per chi violenta, uccide, massacra, deturpa la vita altrui " e "Dopo cinque anni stiamo ancora aspettando giustizia! La disumanità non deve diventare normalità" e "Intercettazione: ‘c’è una bianca da stuprare’ ed era Pamela", si legge su altri mentre al centro campeggia una foto della 18enne con la scritta "Giustizia per Pamela Mastropietro". In aula ci sono i genitori della ragazza. Alessandra Verni, la mamma, indossa una maglietta con la foto della figlia.

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