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Staminali: creato muscolo artificiale funzionante da cellule ingegnerizzate

25 febbraio 2015 | 14.14
LETTURA: 4 minuti

Un team di ricercatori italiani, israeliani e inglesi ha ricreato sui topi il muscolo tibiale danneggiato. Il gruppo ha sviluppato in laboratorio muscoli maturi e funzionali grazie ad un nuovo approccio dell'ingegneria dei tessuti, partendo da cellule staminali adulte

Staminali: creato muscolo artificiale funzionante da cellule ingegnerizzate

Muscoli maturi e funzionali sviluppati in laboratorio grazie ad un nuovo approccio dell'ingegneria dei tessuti, partendo da cellule staminali adulte. Queste, infatti, sono state coltivate in laboratorio per produrre un innesto da trapiantare e permettere così al muscolo danneggiato di riprendere la sua attività. E' quanto è riuscito a fare un team di ricercatori italiani, israeliani e inglesi sui topi, ricreando il muscolo tibiale danneggiato.

Questo primo passo potrebbe in futuro portare alla ricostruzione dell'apparato muscolo-scheletrico in pazienti vittime di traumi e asportazioni del tessuto dopo un tumore. Lo studio è stato pubblicato su 'Embo Molecular Medicine', rivista del gruppo di ricerca internazionale Embo. "E' una ricerca a cui lavoriamo da 5 anni ed ora abbiamo pubblicato i risultati. Abbiamo trovato la chiave giusta per stimolare, grazie ad un bioreattore, i mesoangioblasti. Queste cellule staminali adulte multipotenti, grazie a determinati stimoli, possono differenziarsi in tessuto muscolare, osseo e cartilagineo", afferma all'Adnkronos Salute Cesare Gargioli ricercatore dell'Università Tor Vergata di Roma, uno degli autori principali dello studio. "La morfologia e la struttura dell'organo artificiale che abbiamo sviluppato - prosegue - sono estremamente simili, se non indistinguibili, da un muscolo scheletrico naturale".

"La nostra tecnologia non può essere usata per far tornare a camminare i pazienti colpiti da distrofia muscolare - chiarisce Gargioli - perché è un patologia che colpisce molti muscoli, ma si può agire ad esempio su quelli respiratori e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Saremo in grado però di ricostruire il tessuto muscolare danneggiato dopo traumi o incidenti o intervenire nei casi di asportazione massicci di tessuto nei pazienti colpiti da tumori dell'osseo. Ma è ancora presto, serviranno almeno altri 5 anni di studi e sperimentazioni. La prossima sfida è passare dai piccoli muscoli delle zampe anteriori del topo, 1 cm di diametro, a quelli del maiale, più simili all'uomo. Stiamo lavorando ad un progetto da presentare all'Ue".

Il team ha coltivato i mesoangioblasti in presenza di un idrogel (la matrice di supporto artificiale creata dal team di Dror Seliktar del Dipartimento di ingegneria biomedica dell'Israel Institute of Technology che ha partecipato alla ricerca) in un piatto di coltura di tessuti. Le cellule sono state anche modificate geneticamente per produrre un fattore di crescita che stimola lo sviluppo dei vasi sanguigni e nervi nell'ospite. Questo processo di ingegnerizzazione è in grado di attivare un fattore di crescita proteico che attrae altre cellule che originano i vasi sanguigni e i nervi, contribuendo alla sopravvivenza e alla maturazione delle nuove fibre. Dopo diverse settimane dall'innesto delle cellule sotto la pelle del topo si forma un nuovo muscolo molto simile ad un normale tibiale anteriore.

Fino ad oggi i tentativi di ricreare un muscolo funzionale sia al di fuori o direttamente nell'organismo non hanno avuto successo. I muscoli generati artificialmente non sopravvivono al trasferimento 'in vivo' perché nell'ospite non si generano i nervi e vasi sanguigni necessari a sostenere l'ossigenazione dei muscoli.

"Siamo incoraggiati dal successo del nostro lavoro, ma è chiaro - precisa Giulio Cossu, docente di Medicina rigenerativa all'Università di Manchester, altro autore dello studio - che un muscolo di un topo è molto piccolo rispetto a quello di un paziente, e questo richiede uno sforzo maggiore e ancora più impegno". Ora il passo successivo dei ricercatori sarà quello di utilizzare modelli animali più grandi, come ad esempio il maiale, per testare l'efficacia di questo nuovo approccio, prima di iniziare studi clinici sull'uomo.

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