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ESG, investimenti necessari per 64% imprese finanziate da Confidi

11 aprile 2023 | 11.40
LETTURA: 3 minuti

Per migliorare la propria valutazione sotto il profilo Environmental, Social e di Governance, la maggioranza delle aziende deve affrontare delle spese. Con grossi divari tra settori e aree geografiche

(Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash)
(Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash)

Il 64% delle imprese finanziate o garantite da Confidi si troverebbe a dover fare investimenti se volesse migliorare la propria valutazione ESG, ovvero sotto il profilo Environmental, Social e di Governance. E’ il dato principale che emerge da una ricerca realizzata da Crif, azienda specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze. Sotto la lente, le imprese che fanno capo a quasi 100 Confidi italiani, i consorzi di garanzia collettiva dei fidi che prestano garanzie per agevolare le aziende nell'accesso ai finanziamenti da destinare ad attività economiche e produttive.

La ricerca ha applicato per la prima volta lo score ESG di Crif alle imprese garantite dai Confidi, vigilati e non. L’analisi dei fattori Environmental, Social, Governance infatti è sempre più importante nell’ambito dei processi di gestione del rischio, nonché come supporto nel rapporto con le istituzioni finanziarie. Si tratta di parametri molto rilevanti sia nella fase di concessione dei finanziamenti o delle garanzie, sia per valutare l’esposizione dei Confidi stessi ai rischi connessi a tali prestiti, sia infine per proporre prodotti di credito/garanzia specifici per agevolare la transizione delle aziende verso la sostenibilità Esg.

Differenza tra settori e aree geografiche

Il settore dove è migliore lo score Esg di Crif è quello dei Servizi, con un punteggio medio tra le aziende di 2,55, mentre il peggiore è il Primario che registra un valore medio pari a 4,01.

L’area geografica più ‘virtuosa’ invece è quella del Nord Ovest con uno score di 2,58, a fronte del 3,39 registrato da Sud e Isole. Dai dati si può quindi notare un significativo gap tra settori e zone d’Italia, un elemento sicuramente da tenere in considerazione nell’azione dei Confidi.

I gap nei singoli fattori ESG

Analizzando poi i singoli fattori ESG, a livello ambientale si riscontrano dei gap nel Primario e nel Commercio quanto al Factor Emission (esposizione al rischio fisico ed emissioni) e all’Environmental Hazards (esposizione al rischio fisico). Mentre nell’Industria il gap riguarda il Factor Emission e nelle Costruzioni la Waste Production (gestione dei rifiuti). Infine, il settore dei Servizi registra la migliore valutazione ambientale complessiva.

A livello del fattore Social, il settore Primario evidenzia un gap forte sull’Employee Relationship (attenzione al dipendente o al suo benessere), che risulta essere un tallone d’Achille anche per il settore Costruzioni e per quello dei Servizi, sebbene in grado minore.

Quanto al fattore Governance, sono particolarmente critici per il settore Primario la Strategy (attenzione alle strategie per la sostenibilità) e per tutti gli altri l’attenzione ai temi etici (Ethical Considerations).

Il rischio di impatti finanziari derivanti dai cambiamenti climatici

Vi è infine un altro elemento studiato dalla ricerca CRIF-Unifi, ed è il rischio di impatti finanziari derivanti dai cambiamenti climatici, per il quale è emerso un risultato molto elevato nel Nord Est e nel Sud e Isole grazie al Primario e in parte al Commercio. Si tratta anche in questo caso di un aspetto che va acquisendo sempre maggiore rilevanza, sul quale infatti recentemente si è focalizzata l’aspettativa di vigilanza di Banca d’Italia in materia di ESG.

Come sottolinea il prof. Lorenzo Gai, Ordinario di Economia degli intermediari finanziari dell’Università degli Studi di Firenze, dallo studio emerge che il tema ESG non è ancora totalmente sviluppato dai Confidi, cosa che si riflette (e allo stesso tempo ne è causa) sia nella scarsità delle figure interne dedicate e dei dati disponibili per orientare le proprie campagne commerciali, sia nell’assenza di meccanismi per incorporare il rischio/opportunità ESG nel pricing.

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