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Alimenti: Farinetti, per i 10 anni di Eataly il modello è l'Arcimboldo

19 gennaio 2017 | 15.31
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Particolare de 'L'imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno' (1591) di Giuseppe Arcimboldo (Skoklosters slott di Stoccolma)
Particolare de 'L'imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno' (1591) di Giuseppe Arcimboldo (Skoklosters slott di Stoccolma)

"La prima volta che ho visto 'Le quattro stagioni' di Arcimboldo al Louvre sono rimasto ad ammirarle, a scoprirle, per una giornata intera". Uno spesso filo rosso collega il pittore milanese del XVI secolo e Oscar Farinetti, fondatore e patron della catena Eataly. Giuseppe Arcimboldo è noto soprattutto per le sue 'Teste Composte', ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di trompe-l'œil, oggetti o elementi dello stesso genere come pesci, uccelli, libri o prodotti ortofrutticoli. "Arcimboldo nelle 'Quattro stagioni' usa tutta la varietà delle produzioni di frutta e verdura italiane, un assortimento il più possibile completo. Esattamente quel che cerchiamo di fare a Eataly con il cibo in generale. Arcimboldo è un ottimo modello da seguire -afferma Farinetti all'Adnkronos- da tenere presente in quest'anno del decennale (Eataly ha aperto nel 2007 a Torino il suo primo punto vendita, ndr), nei suoi quadri offre il trionfo della varietà alimentare italiana, moltiplicata per le quattro stagioni dell'anno. Oggi le stagioni sono anche di più, con i mutamenti climatici si prolungano, si accavallano, e noi vogliamo navigare fra tutta questa varietà".

"Arcimboldo è un grande simbolo e lo useremo di più, probabilmente nel 2018", aggiunge Farinetti. Eataly l'Arcimboldo lo ha usato come spunto per dei laboratori per bambini in varie delle sue sedi in questi anni, sotto il titolo 'Faccia da frutta', ma ora i progetti di Farinetti vanno in un'altra direzione. Il filo rosso fra Arcimboldo e Farinetti, ovvero Eataly, passa per una peculiarità precisa delle 'Testa Composte': nelle sue opere il pittore evita il più possibile la ripetizione, usa cioè il maggior numero di tipi di frutti o verdure per le sue raffigurazioni, "una varietà meravigliosa da osservare", dice Farinetti, con un'estetica che rimanda alla varietà come fattore di difficoltà tecnica e come simbolo di complessità e ricchezza. Esattamente quel che accade nei punti vendita della catena fondata da Farinetti. L'assortimento, che sia di prodotti freschi o conservati, punta più che sull'abbondanza sulla varietà: difficile trovare, ad esempio, una piramide di pomodori piacevolmente uguali, facile invece imbattersi in una mostra dove le varietà dell'ortaggio sono il più numerose possibile, compatibilmente con la stagione: "Vogliamo stimolare la curiosità degli acquirenti", sintetizza Farinetti.

La scelta estetica e funzionale è ancora più netta per i prodotti conservati, con spesso un solo pezzo in evidenza e pochi altre alle spalle per ogni articolo o referenza, come si dice nel linguaggio della grande distribuzione organizzata, a moltiplicare le possibilità di scelta. Questo obbliga l'acquirente a cercare e a scegliere con maggior consapevolezza, e obbliga il gestore del punto vendita a rifornire costantemente gli scaffali. "Quello che vogliamo comunicare è la varietà dell'offerta, la possibilità di scegliere, di scoprire, fra prodotti realmente diversi - spiega Farinetti - il nostro modello espositivo è quello della biodiversità italiana che non è ricca ma ricchissima con, ad esempio, migliaia di specie di vegetali commestibili e almeno 300 diversi oli di oliva per condirli".

"Siamo stati i primi a decidere di narrare la meraviglia della biodiversità italiana. Vogliamo convincere i nostri clienti a modificare, arricchire, variare la loro dieta. Il territorio italiano ha un'offerta la cui varietà non è riferibile alle 20 regioni oppure alle 100 province o agli oltre 8.000 comuni, ma agli ancor più numerosi habitat che connotano una singola varietà, pensiamo ad esempio al miele, in poche decine di chilometri quadrati si possono produrre mieli diversissimi". Insomma una visione quasi museale del punto vendita, dove però la conservazione, paradossalmente, è frutto del consumo che quanto più è tanto più mantiene la convenienza di realizzare un certo prodotto. In materia di estetica, infine, Farinetti ammette un errore in cui lui e la sua creatura sono incorsi recentemente: "Ultimamente abbiamo fatto degli Eataly troppo belli, diciamo un po' da fighetti. Quello che dobbiamo far vedere sono i prodotti, non gli scaffali".

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