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Farmaceutica: Jama, 40% Cda ha almeno un ex leader centri medici accademici

01 aprile 2014 | 13.07
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Roma, 1 apr. (Adnkronos Salute) - (Embargo alle 22.00) - Circa il 40% dei consigli di amministrazione di aziende farmaceutiche ha almeno un membro che ha ricoperto una posizione di leadership in un centro medico accademico (Scuole di Medicina, ospedali universitari), che ora percepisce uno stipendio medio di 300 mila dollari l'anno. A puntare i riflettori sull'argomento è uno studio che apparirà domani su 'Jama'.

"Ormai i rapporti finanziari tra le imprese del farmaco e i medici sono sotto un controllo maggiore rispetto al passato - si fa notare nell'articolo - ma finora è stata dedicata un'attenzione minore ai rapporti tra l'industria e chi ha lavorato nei centri medici accademici, che esercitano una notevole influenza sugli obiettivi di ricerca, clinici ed educativi. Quando i leader di queste strutture siedono nei consigli di amministrazione dell'industria farmaceutica, sono titolari di una responsabilità fiduciaria nei confronti degli azionisti ai fini del successo finanziario della società, e ciò potrebbe entrare in conflitto o in concorrenza con la responsabilità di sorveglianza istituzionale e con le pratiche cliniche e di ricerca individuali".

Timothy Anderson dell'Università di Pittsburgh e i suoi colleghi hanno esaminato quanto spesso i leader dei centri medici accademici fanno anche parte dei Cda di queste aziende: hanno analizzato i dati raccolti nel gennaio 2013 dai siti delle 50 maggiori società del settore, anche se di tre aziende mancavano dati pubblici in materia di governance. Diciannove delle 47 società analizzate (il 40%) sono risultate avere almeno 1 membro del consiglio che ha avuto anche una posizione di rilievo in una istituzione accademica, di cui 16 su 17 (il 94%) in società statunitensi. Diciotto membri di Cda hanno ricoperto 21 posizioni di leadership clinica o amministrativa, di cui 2 presidi di Facoltà, 6 rettori, 6 dirigenti ospedalieri o del sistema sanitario e 7 direttori di reparti clinici o direttori centrali. Gli autori precisano di "non aver tratto alcuna conclusione sul fatto che i rapporti individuati abbiano portato a potenziali o reali conflitti di interesse. Tuttavia, data l'entità delle priorità in ballo, quanto emerso potrebbe portare a conseguenze di portata superiore rispetto a quelle che si creano quando i singoli medici fanno da consulenti per l'industria o ricevono regali".

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