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Sanità: Bracco, dietro Cdi storia di imprenditoria milanese lunga 40 anni

Diana Bracco (Infophoto)  - INFOPHOTO
Diana Bracco (Infophoto) - INFOPHOTO
19 novembre 2015 | 19.02
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"Un'idea visionaria", una "grande iniziativa imprenditoriale", la "volontà della borghesia illuminata milanese". E' scoccata così - dall'incontro di questi 3 fattori - la scintilla che ha dato vita al Centro diagnostico italiano. Sono passati 40 anni e a ripercorrere le origini, oggi in occasione di un convegno organizzato a Milano per celebrare la ricorrenza, è il presidente e amministratore delegato del Cdi Diana Bracco.

Tutto comincia con la scelta di credere in un'intuizione, racconta: "Il professor Sergio Chiappa, allora primario di Radiologia al Fatebenefratelli" e docente dell'università di Milano, "portò a mio padre Fulvio Bracco l'idea, visionaria e assolutamente innovativa per l'epoca, di un centro dove fare tutte le analisi e gli esami allora conosciuti nel campo diagnostico, in modo da avere una visione a 360 gradi del paziente e dare al clinico che avrebbe poi fatto la terapia un file completo. Mio padre, che era uno che si appassionava, vide la novità di questa idea e riunì intorno a sé un gruppo di imprenditori milanesi".

Allora, continua Bracco, "misero insieme i fondi per iniziare questa avventura. Dovettero fare uno studio di fattibilità, trovare il terreno, costruire. Ci tengo a sottolineare la grande iniziativa imprenditoriale che è alla base di questa realizzazione, perché è stata proprio frutto di una volontà della borghesia illuminata milanese. Tutto è partito da lì. Io la chiamo una start up. Poi negli anni molti" degli imprenditori che avevano partecipato alla nascita del Centro "sono usciti, qualcuno è ancora fra i nostri azionisti, ci ha seguito finora e si trova bene. Il centro è cresciuto e anche cambiato molto, perché la sanità è cambiata, il mondo è cambiato. E noi dobbiamo essere sempre sulla frontiera dell'innovazione".

Fulvio Bracco definiva il Cdi "una mia idea fissa" nel suo libro di memorie 'Da Neresine a Milano'. L'imprenditore, ricorda Diana Bracco, spiegava che a suo avviso "il fulcro della prevenzione, la via più giusta, è quella di esaminare la gente". Quanto al futuro del Cdi, guarda "all'estensione di questa rete territoriale molto forte - assicura Bracco - Tra i grattacieli di Porta Nuova c'è la 22esima struttura, che inauguriamo oggi. La nostra strategia è quella di avere una medicina di prossimità, cioè di dare al paziente la possibilità di accedere con grande fluidità e tempestività ai servizi".

Nel Cdi, continua l'Ad, "la ricerca scientifica e la serietà sono un must, ma siamo anche caratterizzati da una grandissima qualità nell'accoglienza del paziente. Credo che questo sia molto importante, perché non è bello andare dal medico o andare a fare un check up, ma al centro si viene molto coccolati. Parlo non solo dei pazienti che vengono in regime privato e che ormai, direi, sono la fascia minore della nostra clientela". Il Centro diagnostico italiano, ricorda ancora Bracco, "è stato il primo in Italia a disporre di Ikoniscope, un microscopio totalmente automatizzato per la prevenzione del carcinoma della vescica e della cervice, e tra i primi ad avere Cyberknife, robot radiochirurgo all'avanguardia nella terapia dei tumori, e più di recente un sequenziatore di Dna".

La prevenzione, sottolinea Bracco, "è la vera frontiera della medicina del futuro. Nei prossimi 10 anni cambierà l'80% delle nostre conoscenze mediche e quindi il nostro modo di fare prevenzione, diagnosi e terapia. La medicina diventerà sempre più proattiva. Stiamo vivendo cambiamenti epocali con l'avvento di tecnologie sempre più sofisticate. Penso alla genetica, all'epigenetica, all'imaging molecolare, alle nanotecnologie. E proprio per questo - conclude - è il momento di continuare a puntare su innovazione e qualità".

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