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Otto ore sotto sequestro

06 novembre 2018 | 06.46
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(Fotogramma)
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Si è concluso dopo quasi otto ore di trattativa con il rilascio di tutti gli ostaggi l’asserragliamento di Francesco Amato, il latitante condannato in primo grado a 19 anni di carcere, nell’ambito maxi-processo di ‘Ndrangheta Aemilia, che ieri mattina attorno alle nove ha fatto irruzione in un ufficio postale di Pieve Modolena, frazione di Reggio Emilia, armato di un coltello. Una giornata tesa, iniziata quando l’uomo è entrato gridando all’interno della filiale dove era solito recarsi per pagare le bollette, ha fatto uscire i clienti, tra cui la figlia 22enne della direttrice, ma ha trattenuto all’interno i dipendenti, dicendo loro "vi ammazzo tutti".

Sul posto sono subito intervenute le forze dell’ordine – carabinieri, polizia, il pm Iacopo Berardi assieme al procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini, pm antimafia nel corso del processo Aemilia -, che hanno delimitato l’area per poi iniziare una serrata trattativa con Amato via telefono. Una lunga negoziazione proseguita per ore, intervallata verso mezzogiorno dal rilascio di uno degli ostaggi, una cassiera, che il sequestratore stesso ha liberato in seguito a un malore dal quale si è poi la donna ripresa.

Un segnale importante, questo, per le forze dell’ordine: sul posto, infatti, in mattinata era sopraggiunto anche un reparto speciale dei carabinieri del Gis, pronto a fare irruzione, "erano state predisposte tutte opzioni che si potevano rendere necessarie in una situazione simile – spiega il colonnello Cristiano Desideri, comandante provinciale dei carabinieri - ma fortunatamente è bastato il dialogo. Il fatto che avesse lasciato andare la donna qualche ora prima ci ha fatto comprendere che c’era la possibilità di una soluzione pacifica".

Qualche ora dopo, infatti, poco prima delle 17 Amato ha aperto spontaneamente la porta dell’ufficio postale, ha fatto uscire tutti gli ostaggi, ha consegnato l’arma e poi si è arreso, ponendo così fine a una lunga giornata di attesa e di tensione. "La situazione si è conclusa nel migliore dei modi, non vi è stata alcun tipo di violenza e gli ostaggi sono tutti incolumi – sottolinea Desideri -. Questa è la cosa più importante".

Secondo quanto ricostruito dai militari Amato, a cui ora verrà notificato l’ordine di carcerazione per cui era ricercato da giorni, a cui poi seguiranno altri atti per i fatti di ieri, e che dunque verrà condotto in carcere, avrebbe agito per richiamare "l’attenzione sulla propria situazione, riteneva di essere stato vittima di un ingiusto processo, che la pena fosse immeritata e ha affermato di non appartenere alla ‘ndrangheta".

A convincerlo a deporre l’arma e a liberare gli ostaggi, secondo Desideri sono stati "il tempo e la pazienza" dei negoziatori: sulla base delle affermazioni fatte da Amato, infatti, "facendo leva su un senso umanità che non può prescindere anche da gesti così violenti in apparenza", i negoziatori del comando provinciale di Reggio Emilia hanno fatto comprendere all’uomo "che non avrebbe potuto ottenere quello che chiedeva ed era necessario dialogare", ad "accettare la sentenza e far valere propri diritti nelle sedi opportune".

L’uomo, precisa comunque il colonnello dei carabinieri, "non ha mai minacciato concretamente di fare del male, aveva un coltello ma non l’ha mai usato in nessuna circostanza per fare del male agli ostaggi". Nel pomeriggio di ieri, sul posto sono arrivati anche alcuni parenti di Amato, che al momento della sua resa, e della conseguente uscita dall’ufficio postale, hanno applaudito, accusando "i giudici di averlo portato a questo".

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