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Coronavirus, i parroci: "Fedeli contenti per chiese aperte a Roma"

15 marzo 2020 | 16.04
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Parla Don Mario Pecchielan, prefetto per il quartiere romano di San Giovanni, parroco all'Appio Latino

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di Enzo Bonaiuto
La decisione di riaprire le chiese di Roma, presa dal Vicariato dopo il precedente divieto subito rientrato, viene 'benedetta' dai credenti: in quasi tutte le parrocchie, i sacerdoti non restano soli e le chiese mai del tutto vuote, ma c'è sempre qualche fedele che entra, si fa il segno della croce, recita un 'Padre Nostro' o una 'Ave Maria' o semplicemente rimane per qualche minuto in silenzioso raccoglimento. A confermarlo all'AdnKronos è don Mario Pecchielan, padovano, da una ventina d'anni parroco della chiesa di San Giovanni Battista De Rossi all'Appio Latino e prefetto del distretto che raggruppa tredici chiese del quartiere romano di San Giovanni, proprio a ridosso della Basilica Lateranense, la 'cattedrale di Roma e del mondo', dove ha sede il Vicariato guidato dal cardinale Angelo De Donatis, vicario di Papa Francesco per la diocesi di Roma.

"Noi apriamo la chiesa alle 7.30 fino alle 12 e la riapriamo alle 16.30 per poi chiuderla alle 18.30 e tra le navate, quando io e gli altri quattro sacerdoti ci affacciamo, vediamo che c'è sempre qualche fedele, o seduto fra i banchi, o inginocchiato davanti all'altare, o in piedi in atteggiamento di raccoglimento e preghiera - riferisce don Mario - Qualcuno chiede anche di confessarsi, ma il sacramento della penitenza o riconciliazione viene svolto non più al tradizionale confessionale ma in una sala riservata, dove il sacerdote e il penitente si siedono l'uno di fronte all'altro, rispettando ovviamente la debita distanza di sicurezza".

La situazione nella parrocchia "è del tutto simile a quella delle altre chiese romane, come ho appurato sentendo anche gli altri parroci della mia prefettura o di altre zone della città - assicura Pecchielan - E credo che lo stesso discorso possa valere anche allargandolo al resto d'Italia, come mi confermano alcuni parroci veneti, che è la mia terra d'origine, con cui resto seppure saltuariamente in contatto".

Rivela il parroco romano: "Quando è giunto il messaggio sulla chiusura delle chiese a Roma, ho subito ricevuto tanti messaggi da parte dei parrocchiani, che erano molto rammaricati per questa decisione; qualcuno protestava e si chiedeva perché in tabaccheria o in profumeria si poteva andare e invece in chiesa no? E quando c'è stato poi quello che potremmo definire come una sorta di 'contrordine', in tanti hanno voluto esprimere la loro grande gioia per la riapertura".

Una soddisfazione espressa non soltanto a parole o per iscritto... "Sia ieri che oggi, ho notato un continuo via vai di fedeli che entrano ed escono dalla parrocchia, pur in assenza di celebrazione delle messe. La chiesa non è mai del tutto vuota, qualche fedele presente c'è sempre, ovviamente con presenze molto saltuarie: parliamo al massimo di una decina di singole persone alla volta. Comunque, per chi non possa o abbia timore a venire, trasmettiamo online ogni sera dalla nostra cappellina dell'oratorio una messa alle 19 e la domenica la celebrazione eucaristica festiva a mezzogiorno".

Semmai, osserva don Mario, "tanti fedeli si pongono il dubbio se, tra le giustificazioni richieste obbligatoriamente per l'uscita da casa in strada, sia valida quella di recarsi in chiesa per pregare... la maggior parte, nel dubbio, preferisce affacciarsi dopo aver fatto la spesa o essere andata in farmacia, quando è di passaggio, per rientrare poi qualche minuto dopo nel proprio appartamento. Possiamo dire che la chiesa è un momentaneo rifugio, una piccola pausa in questa situazione di emergenza e di allarme, in attesa di tornare alla normalità".

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