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Russia: Belenkin, al potere c'è versione moderata del fascismo

02 ottobre 2016 | 18.05
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il samizdat di Arcipelago Gulag - nascosto in un fustino di detersivo
il samizdat di Arcipelago Gulag - nascosto in un fustino di detersivo

Al potere in Russia in questo momento c'è "una versione moderata del fascismo". Un regime che non cambia e senza sfumature come quello insediato in Uzbekistan o in Turkmenistan. Lo denuncia, in un'intervista all'Adnkronos, Boris Belenkin, storico russo di Memorial e curatore della mostra "Dalla censura e dal samizdat alla libertà di stampa, Urss, 1917-1990", in corso alla Statale di Milano, prima tappa di un giro per diverse altre università italiane. "Non ha neanche più senso paragonare la Russia di Putin all'Unione sovietica perché il regime di allora, a cavallo degli anni '70-'80 perlomeno, era migliore", afferma Belenkin, allo studente (è del 1953).

Lo storico liquida l'eventuale avvio di una nuova fase, la quarta, del potere putiniano, la presenza di cambiamenti significativi in atto nel suo paese, che siano una maggior trasparenza nelle elezioni o le sostituzioni in corso nei posti chiave della nomenklatura: "la Russia non è mai stata così vicina" ai paesi centro asiatici associati con l'autoritarismo assoluto. "La censura è praticamente totale, le uniche testate non asservite, l'emittente televisiva Dozhd, il bisettimanale Novaya Gazeta e Novoe Vremya, non raggiungono le regioni, hanno un pubblico elitario, limitato a qualche centinaio di migliaia di persone", sottolinea.

Centinaia di migliaia di persone. Poco più delle persone che in epoca sovietica leggevano i samizdat, fogli clandestini con appelli, saggi politici, cronache di eventi come i processi ai dissidenti, ma anche poesie e letteratura proibita, Nabokov, Brodsky, e le canzoni di Visotsky. E la storia dei fruitori di questa 'letteratura non ufficiale' è ancora da fare, da ricostruire il loro numero, il loro l'ambiente sociale, da creare "una banca dati dei gruppi di amici più o meno direttamente legati all'ambiente del dissenso, dei partecipanti a seminari domestici, mostre non ufficiali, serate creative di vario genere", come suggerisce Belenkin presentando la mostra, organizzata da Memorial Mosca e dalla Biblioteca Statale di Storia della Federazione Russa.

'i samizdat sono stati palestra della stampa libera'

Quello che è certo è che questi fogli ciclostilati, battuti a macchina o scritti a mano, a volte anche sulle cartine delle sigarette, "hanno fatto da palestra" al giornalismo libero esploso in Russia all'inizio degli anni Novanta. "Giornali come Kommersant e la Nezavisimaya Gazeta sono passati attraverso l'esperienza del samizdat", ricorda lo storico, responsabile della biblioteca di Memorial, autore di numerose pubblicazioni sui samizdat, oltre che curatore della mostra organizzata per celebrare i 25 anni dell'approvazione della legge sulla stampa in Urss che nel 1990 sancì la fine della censura e che si pone anche come "un invito a continuare le ricerche".

Perché - spiega - "più ancora del contenuto del documento di samizdat è interessante la sua sociologia: chi e in che modo l'ha riprodotto, chi l'ha diffuso, chi è il pubblico di questo testo e infine qual'è il grado della sua 'pericolosità'": "indagini, quelle che riguardano i fruitori, coloro che riproducevano e diffondevano tali testi non sono mai state fatte in modo approfondito e finalizzato".

Adesso, l'opposizione in Russia ha come canale di espressione Internet, ma le autorità hanno iniziato a colpire anche la rete, "con siti chiusi, indirizzi cambiati, traffico bloccato (come al sito grani.ru, a cui è sempre più difficile accedere). A rendere le cose ancora più difficili, denuncia Belenkin, è l'assenza in questo momento di personalità non direttamente associate alla politica ma con una autorevolezza altissima, come lo erano in epoca sovietica Andrei Sakharov o anche Vladimir Visotsky, il cantautore le cui poesie costituivano il materiale clandestino di gran lunga più diffuso attraverso i samizdat.

'un conto è fare parte dell'opposizione, un altro essere uno spione'

Il centro per i diritti umani di Memorial è stato inserito nella lista del ministero della giustizia delle organizzazioni non governative considerate agenti stranieri (come previsto dalla legge varata nel 2012 per le ong che si occupano di politica e che ricevono finanziamenti dall'estero, una legge che si è iniziato ad attuare in modo massiccio dal 2014). Sono a ora considerate come 'inostranny agent', 144 organizzazioni, fra cui, oltre che il Centro per i diritti umani di Memorial e alcune sedi regionali dell'organizzazione, fondata fra gli altri anche da Sakharov, per il recupero della memoria storica sulle repressioni e per la difesa dei diritti umani, l'Istituto Levada per le ricerche sociologiche e i sondaggi.

"L'etichetta di agente straniero (che per legge deve comparire su tutto il materiale dell'organizzazione, dai depliant alla carta intestata, ndr) - prosegue lo storico - ci complica di molto il lavoro, restringe il campo di attività. Non possiamo più rivolgersi agli archivi, alle scuole e alle biblioteche. Per un russo, bisogna sempre ricordarlo, agente straniero significa spione, nemico, non si associa ancora nulla di diverso a questo".

"Attorno a un'organizzazione inserita nell'elenco - sostiene Belenkin - si crea il vuoto, nessuno vuole avere rapporti con delle spie. Un conto è fare parte dell'opposizione, essere un attivista, un altro essere uno spione. Per 70 anni, l'Urss ha combattuto contro gli spie, i nemici del popolo. Per noi, c'è ancora spazio di manovra, possiamo ancora lavorare come Memorial Russia, come Memorial regionali, sono ancora molte le persone che continuano a portarci documenti e materiale".

'Elezioni del 18 settembre non sono e non potevano essere legittime'

Le elezioni legislative russe del 18 settembre "non sono state e non potevano essere legittime", riflette Belenkin."In un paese in cui tutti i media sono sotto la censura dello stato, si occupano solo di fare propaganda, la gente non può che muoversi in un'unica direzione".

"Le elezioni - sostiene - potrebbero anche non esserci, perché il loro risultato è scontato: 'Lui' è il capo e i russi hanno imparato a riconoscerlo come tale. All'opposizione è lasciato spazio di manovra solo per i due mesi precedenti le elezioni e solo in un ambito molto ristretto, quando oramai la gente è già stata influenzata dalla propaganda e considera il resto del mondo come nemico, l'Europa, l'Islam, l'America, la Georgia".

Il gioco è quello dell'impero. E un impero può e deve solo allargare il suo territorio e interessare tutti gli angoli del mondo, da nord a sud. Dalla Crimea, al Donbass, alla Georgia alla Siria. "Sono le regole del gioco a cui deve sottostare qualunque impero. E Putin vuole che i russi si sentano gli abitanti di un impero", conclude.

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