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Conte: "Né a favore di Haftar né di Serraj"

26 aprile 2019 | 09.16
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Il presidente del Consiglio è a Pechino per partecipare al secondo Forum sulla via della Seta. E aggiunge: "Non è con l'opzione militare che si può stabilizzare il Paese"

(Foto Afp)
(Foto Afp)

dall'inviata Maria Grazia Napolitano

Un colloquio telefonico oggi con il premier del governo di accordo nazionale di Tripoli, Fayez Serraj, domani un incontro a Pechino con il presidente russo Vladimir Putin e con il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi, grandi sponsor del generale Khalifa Haftar. In mezzo un colloquio con il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, che aveva tentato un'ultima mediazione proprio il giorno in cui il generale lanciava la sua offensiva su Tripoli, il 4 aprile scorso. Da Pechino, dove si trova per partecipare al secondo Forum della Via della Seta, il premier Giuseppe Conte continua a lavorare al dossier Libia, chiarendo che l'Italia "non è a favore di Serraj né a favore di Haftar, ma è a favore del popolo libico".

"In realtà - esordisce il presidente del Consiglio nel corso di una conferenza stampa a Pechino - non sostengo un singolo attore sullo scenario libico: l'Italia, il governo, mira a ottenere la stabilizzazione del Paese e riteniamo che per raggiungere questo risultato l'opzione militare non sia assolutamente affidabile". Secondo Conte, "l'intenzione di Haftar, appoggiata da alcuni Paesi, di unificare il territorio libico, di unificare l'esercito, le forze di sicurezza, può anche avere una logica ispiratrice, una sua plausibilità, ma di fatto la nostra posizione si sta rivelando lungimirante alla luce della concreta evoluzione dello scenario libico: non è con l'opzione militare che si può stabilizzare la Libia".

A 22 giorni dall'inizio dell'offensiva, il generale - che pure ha ottenuto il sostegno di Donald Trump - non è entrato a Tripoli, adesso dice di volerlo fare entro l'inizio del Ramadan, il 5 maggio, ma "una volta entrato dovrà pure restarci", fanno notare fonti informate, più che scettiche sull'esito finale della sua avanzata.

Il premier insisterà ancora sulla necessità di una soluzione politica per la Libia nell'incontro che avrà con al Sisi e nel colloquio "più concreto" che avrà domani con Putin, dopo il breve scambio di battute avuto in serata in occasione della cena di gala offerta dal presidente cinese Xi Jinping ai partecipanti al Forum. Forum al quale il premier interverrà domani mattina ora cinese, per ribadire l'interesse e la determinazione del nostro Paese a partecipare alla Nuova Via della Seta, che apre "grandi opportunità per le nostre imprese".

Ma a Pechino, con cui c'è un "rapporto strategico", l'Italia chiede "un maggiore accesso" per le aziende del nostro Paese e parità di condizioni, secondo i principi che sono stati iscritti nel memorandum d'intesa firmato nel marzo scorso e che sono stati richiamati anche da Xi nel discorso con cui ha aperto il Forum, ha sottolineato Conte. Un discorso improntato all'impegno per una maggiore trasparenza, sostenibilità finanziaria ed ambientale.

Parlando con gli imprenditori, il presidente del Consiglio ha poi assicurato che l'Italia starà "ben attenta che non ci siano iniziative predatorie", ma non solo da parte di aziende cinesi, in settori come il 5G. "Siamo ben attenti che siano assicurati standard di sicurezza massima di protezione dei dati - ha affermato il premier, che a Pechino ha incontrato il fondatore e ad di Huawei, Ren Zhengfei - Anche io come responsabile del governo ho il dovere e l'assoluta premura di tutelare la protezione dei dati, i livelli di sicurezza delle nostre infrastrutture strategiche".

"Il confronto su questo nuovo sistema tecnologico è una prospettiva irrinunciabile, ma allo stesso tempo - ha insistito - abbiamo ribadito che abbiamo adottato cautele, strumenti di protezione dei nostri interessi e pretendiamo livelli di sicurezza molto elevati".

Poi, rispondendo ancora una volta alle preoccupazioni di alcuni partner Ue sulla firma del memorandum, Conte ha parlato dell'Italia come di "un avamposto dei principi europei, gli altri Paesi possono stare tranquilli". Infine, nel corso della missione a Pechino, il premier ha dovuto parlare anche del caso Siri, per assicurare di "non sentirsi affatto condizionato" dalle dichiarazioni degli alleati di governo di questi giorni, non ultime quelle del vicepremier Luigi Di Maio.

"Io non mi sento condizionato, ho letto le posizioni delle due forze politiche che sono abbastanza note, sono state esplicitate in vari interventi che sono stati fatti - ha detto - Ma io non mi sento condizionato: la mia posizione è sempre quella esplicitata due giorni fa e successivamente, mi è molto chiara nella mente, non c'è nessun condizionamento che mi possa turbare o dare pensiero". "Se mi dovessi convincere della soluzione" delle dimissioni, "non credo ci sarebbero alternative", ha chiosato.

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