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Recensione Games

Ghostwire Tokyo, la recensione

26 marzo 2022 | 11.49
LETTURA: 2 minuti

Il padre di Resident Evil torna con un gioco in prima persona che mixa azione sparatutto e folklore giapponese

Ghostwire Tokyo, la recensione

Shinji Mikami è tornato: il padre di Resident Evil ha abbandonato la saga che lo ha reso famoso da tempo, ma mai l'horror. Dopo due episodi di The Evil Within erano iniziati i lavori per un terzo, che nel corso del tempo si è trasformato in qualcosa di completamente diverso: nasce così Ghostwire Tokyo, un singolare sparatutto spiritico open world in prima persona, coraggioso e insolito, particolare e lungi dall'essere perfetto, ma indubbio esempio del genio di un game designer che ha fatto la storia dei videogiochi. Akito Izuki è il protagonista in una Tokyo che ha perso tutti i suoi abitanti umani popolandosi di figure della mitologia giapponese: inquietanti fantasmi e pericolosi demoni popolano le strade, ma Akito ha la possibilità di sconfiggerli grazie agli attacchi elementali che sgorgano dalle sue mani. Il suo scopo è scoprire che cosa è successo, purificare la città e approfondire la conoscenza della misteriosa entità che l'ha posseduto e gli ha donato i suoi inaspettati poteri.

Open world, ma non troppo: la mappa non è esplorabile nella sua interezza sin da subito, visto che la città è avvolta da una nebbia che si diraderà solamente purificando i templi sparsi per le strade. Il gioco spinge così a esplorare ogni angolo, accettare le missioni secondarie, voltare gli angoli con quel sano senso di terrore su che cosa troveremo ad aspettarci. In generale gli ambienti non sono molto grandi, ma sicuramente variegati: la città respira, e per assurdo è "viva". Quando poi tutto cambia perché veniamo inghiottiti in dimensioni parallele, il gioco rivela un'eccezionale ispirazione visiva. A fronte di missioni secondarie ben congegnate e scritte, la meccanica di gioco è però a tratti ripetitiva: esplorare, liberare anime intrappolate, sconfiggere nemici, acquisire nuove abilità dalle cabine telefoniche che trasferiscono gli spiriti all'Aldilà, e via di nuovo.

In una ventina di ore di gioco Ghostwire Tokyo riesce comunque nell'intento di intrattenere e stupire, con una trama ben scritta e alcuni momenti che insinuano della sana paura da horror game. Tecnicamente abbiamo un'ottima colonna sonora e una discreta realizzazione tecnica, che è possibile godere in ben sei modalità grafiche diverse. Nessuna di queste, nonostante ray tracing e HDR, dà l'impressione di sfruttare la potenza di PS5, che è l'unica console sulla quale il gioco è disponibile al lancio. Ma è la direzione artistica a fare la differenza, e sicuramente ci troviamo di fronte a un gioco che sembra più ispirato di The Evil Whithin 2. La combinazione tra folklore giapponese, azione e investigazione è un mix che lascia ben sperare per la nascita di una nuova saga, nonostante qualche problema di ripetitività e un'anima da open world che resta intrappolata in una certa ridondanza di situazioni troppo simili tra loro.

Formato: PS5 (versione testata), PC Editore: Bethesda Softworks Sviluppatore: Tango Gameworks Voto: 8/10

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