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Expo: Girando tra i padiglioni a caccia di curiosità

08 aprile 2015 | 17.21
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Dalla Cina all'Angola, dalla Germania agli Stati Uniti è scattata una gara ai progetti più originali e distintivi delle identità nazionali. Archistar come Liberskind, Biber e Foster ne firmano alcuni.

Expo: Girando tra i padiglioni a caccia di curiosità

Architetture ardite e ultramoderne caratterizzano i padiglioni dei Paesi partecipanti a Expo che hanno deciso di avere un proprio spazio espositivo "self-built". Sono 54 in tutto, compreso il Padiglione Italia, su 145 partecipanti. E così dall'Angola al Vietnam, dall'Argentina alla Thailandia, è scattata una sorta di gara ai progetti più originali e distintivi delle identità nazionali che si affacciano sul Decumano, la via principale dell’area.

Spigolando tra i tanti padiglioni dai design accattivanti, oltre al Padiglione Italia, il grande contenitore delle eccellenze italiane, spicca fra tutti quello cinese per dimensioni e non solo, con i suoi 4.590 metri quadrati di superficie, secondo solo a quello della Germania. E' un padiglione dall'aspetto molto particolare, anche se sul solco della tradizione architettonica cinese. La sua forma ha una copertura ondulata e molto movimentata, che ricorda il movimento provocato dal vento sui campi di grano. Il tema scelto dalla Cina è "Terra di speranza, cibo per la vita", un titolo in linea con la sfida che il governo cinese si è posta, quella di sfamare 1,3 miliardi di persone.

L'Esposizione del resto, punta molto sulla presenza del gigante asiatico, per la prima volta a un'Esposizione universale Oltreoceano. Sono attesi oltre un milione di visitatori cinesi e, le stime, stando ai biglietti venduti finora, saranno rispettate. La Cina è presente anche con altri due padiglioni, quello del gruppo immobiliare cinese Vanke, firmato dall'archistar Daniel Liberskind e il China Corporate United Pavilion, con il nome "Seeds of China" che interpreta, grazie alla simbologia del seme, il sogno di un gruppo di imprese cinesi che vogliono basarsi sui valori della conservazione delle risorse naturali e della sicurezza alimentare.

All'appuntamento di Milano partecipa anche la Santa Sede con un suo padiglione. Il Vaticano vuole offrire ai visitatori uno spazio di riflessione sul tema dell'accesso al cibo. Il messaggio, "Non di solo pane" e "Dacci oggi il nostro pane”, è scritto in 13 lingue a caratteri di acciaio sulla facciata e sulle pareti esterne dell'edificio. Il padiglione è situato in un punto strategico, all'incrocio tra il cardo e il decumano, nel cuore dell'Expo. Appare come una massa bianca, chiusa e cubica, tranne che nella parete Nord, modellata da due sezioni di arcata, a tutto sesto e a sesto acuto, dalle quali emerge, come da una spaccatura della roccia, la vegetazione che cresce sul tetto. E' un padiglione sobrio e relativamente piccolo, la sua base misura 15 per 25 metri, ed è alto 15 metri.

Tra gli Stati di piccole dimensioni spicca il Principato di Monaco, con un padiglione realizzato su un lotto di 1.000 metri quadri, progettato dall’architetto italiano Enrico Pollini. La sua impronta è ecologica e ispirata alla filosofia del riciclo, laddove numerosi container merci sono impiegati con funzioni architettoniche, a ricordare sia il ruolo di nodo d’interscambio rappresentato dal Principato di Monaco sia le chance di riutilizzo creativo. Il Principato di Monaco donerà parte del Padiglione per scopi umanitari.

Il Padiglione Zero rappresenta un capitolo a sè in quanto introduce al sito espositivo. Curato da Davide Rampello e progettato da Michele De Lucchi, racconta la "memoria alimentare", la sua storia sulla terra attraverso il rapporto con la natura e il cibo attraverso un suggestivo viaggio di immagini e di oggetti tridimensionali.

Lo spazio espositivo tedesco si presenta come quello di massime dimensioni all’interno del sito espositivo e si ispira ai campi agricoli e ai prati fioriti trasponendoli nella sua architettura. La struttura consiste in un paesaggio dolcemente in pendenza, in cui sono richiamati i naturali declivi della campagna tedesca, con una superficie liberamente accessibile e un’esposizione tematica all’interno.

Il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti porta la firma dello studio Foster + Partners. La forma sorprendente è stata creata da una serie di alte pareti increspate. Queste imponenti strutture di 12 metri evocano sia le stradine mezze in ombra degli insediamenti storici degli Emirati Arabi Uniti che le magnifiche dune di sabbia dei suoi deserti. Scansioni 3D delle superfici delle dune sono state riprodotte sulle pareti per creare un’autentica trama. il Padiglione sarà smantellato alla fine di Expo Milano 2015 e rimontato a Masdar City, città a basse emissioni di carbonio negli Emirati Arabi Uniti, in quanto rappresenta i principi racchiusi nell’etica di sostenibilità di Masdar.

Si preannuncia dinamico e divertente il Padiglione made in Usa. Progettato dal premiato architetto James Biber rende omaggio alla ricca storia agricola dell'America con una struttura aperta delimitata da una grande zona agricola verticale da cui si otterrà un raccolto tutti i giorni. L'edificio, completamente sostenibile, dispone di una passerella in legno recuperato che proviene dal lungomare di Coney Island, di un’imponente video-installazione, di aree espositive interattive, di una terrazza panoramica, di spazi per i vip e per la vendita al dettaglio.

Molto curioso è il concept ungherese, il cui progetto selezionato tramite un concorso pubblico è opera degli architetti Attila Ertsey, Ágnes Herczeg, Sándor Sárkány. Le forme e i materiali riprendono aspetti tipici del paesaggio ungherese (come i granai, i silos di campagna e le stalle) e sono concepiti secondo i principi dell’architettura organica. Ma nel complesso somiglia a una Arca di Noè, simbolo di salvezza degli esseri viventi, delimitata alle estremità laterali da due tamburi tribali solcati dall’antico simbolo dell’albero della vita.

Il padiglione della Svizzera è costituito da quattro torri colme di generi alimentari locali dai quali il visitatore potrà attingere. Ma c’è un limite alle risorse disponibili, superarlo significa privare gli altri visitatori delle stesse possibilità. Grazie alla modularità della struttura, mano a mano che le torri si svuotano il livello delle piattaforme su cui poggiano si abbassa, permettendo così al pubblico di visualizzare il proprio comportamento in relazione ai consumi. La Svizzera riutilizzerà le torri del Padiglione per realizzare serre urbane nelle città elvetiche.

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