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Glioblastoma, da studio italiano possibile bersaglio terapeutico

30 luglio 2021 | 10.15
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Glioblastoma, da studio italiano possibile bersaglio terapeutico

Si chiama Reelin ed è una molecola che potrebbe aiutare le cellule maligne del glioblastoma multiforme - il tumore del cervello più aggressivo e maligno, caratterizzato da una sopravvivenza di appena 12-18 mesi - a muoversi. A 'inchiodarla' è stato un team di ricercatori dell'Università Cattolica - Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e dell'Università di Roma Sapienza, che sulla base di quanto osservato ritengono di aver identificato un possibile bersaglio terapeutico.

E' questa la prospettiva che si intravede nei risultati del loro studio, pubblicato su 'Brain Sciences' e condotto da Filippo Biamonte, dottore di ricerca del Dipartimento di Scienze biotecnologiche di base, cliniche intensivologiche e perioperatorie della Facoltà di Medicina e chirurgia della Cattolica, con il coordinamento di Alessio D'Alessio, associato di Istologia del Dipartimento di scienze della vita e sanità pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia della Cattolica, in collaborazione con Antonio Filippini, ordinario di istologia ed embriologia umana del Dipartimento di Scienze anatomiche, istologiche, medico legali e dell'apparato locomotore della Sapienza.

Il glioblastoma multiforme (Gbm) è un tumore tipico delle cellule gliali del'encefalo, si manifesta principalmente nel cervello, ma può anche originare in altre sedi quali tronco cerebrale, cervelletto e midollo spinale. Tranne rarissimi casi, non si diffonde al di fuori del sistema nervoso centrale, ma invade e migra all'interno del solo tessuto cerebrale. In Italia si stima un'incidenza media di 8 casi ogni 100.000 abitanti e rappresenta circa il 54% di tutti i gliomi diagnosticati.

Diversi studi hanno suggerito il ruolo chiave di una popolazione di cellule staminali tumorali ritenute responsabili della resistenza del tumore ai trattamenti chemioterapici e radioterapici. Reelin è una glicoproteina molto grande della matrice extracellulare, che contribuisce alla migrazione, al corretto posizionamento e alla sopravvivenza dei neuroni, principalmente durante lo sviluppo del cervello.

I ricercatori hanno studiato Reelin in diversi campioni di vari pazienti. E lo studio ha evidenziato una più elevata espressione della proteina nel tessuto tumorale rispetto a quello circostante il glioblastoma, cioè al tessuto peritumorale. Inoltre, gli studiosi hanno focalizzato la loro attenzione sulle cellule staminali tumorali provenienti dalle due sedi, riscontrando un forte segnale dell'Rna messaggero (mRna) di Reelin e del suo adattatore molecolare Dab-1 (una molecola-interruttore che si lega a reelin e le permette di funzionare) sia nelle cellule isolate del tumore che in quelle derivate dal tessuto peritumorale.

"Queste evidenze - spiegano D'Alessio e Biamonte - indicano che Reelin nel glioblastoma potrebbe rappresentare un fattore favorevole al comportamento nefasto delle staminali tumorali e tradursi in un bersaglio terapeutico per questo tumore". Prossimo passo, anticipano gli esperti, sarà tentare di bloccare il meccanismo di segnalazione di Reelin "con un anticorpo neutralizzante specifico (CR50) già nelle nostre mani, o mediante l'utilizzo dei piccoli Rna in grado di spegnere l'espressione genica della proteina, per studiare come reagiscono le cellule tumorali. Ma - concludono - siamo ancora in una fase sperimentale pre-clinica".

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