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Il giuslavorista: "Non premia la rigidità d'orario dei dipendenti"

04 ottobre 2019 | 14.46
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Si fa strada un nuova filosofia del lavoro

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Flessibilità dell'orario di lavoro e contrattazione collettiva, questo il tema affrontato dall'avvocato Luciano Racchi, partner di Legalitax studio legale e tributario, nel corso del workshop tenutosi oggi nell'ambito dell'annuale convegno nazionale degli avvocati giuslavoristi. "La diffusa esperienza estera e la meno frequente esperienza italiana, sembrano smentire - ha spiegato - l'assunto secondo il quale la produttività d'impresa è stretta conseguenza di un orario di lavoro rigido e fisso e testimoniare la propensione dei lavoratori e delle aziende verso una nuova filosofia del lavoro dove, senza sacrificio del risultato economico d'impresa, la linea tendenziale è verso la sostituzione dell'obbligazione di mezzi, intesa quale messa a disposizione entro tempi dati e certi delle semplici energie lavorative, con l'obbligazione di risultato, ossia il raggiungimento di obiettivi produttivi a prescindere dalla durata aprioristicamente e uniformemente determinata della prestazione. L'esperienza estera si è compiuta su base aziendale, senza l'intervento della contrattazione collettiva, attraverso il contratto individuale plurimo".

Tra i vari esempi citati, i casi della First Tennessee Bank di Menphis, che già nel 1992 aveva introdotto un programma aziendale di lavoro flessibile ottenendo, in 5 anni, un risparmio di oltre tre milioni di dollari di minori costi di turn-over, il mantenimento delle professionalità acquisite e della cultura aziendale e un incremento del tasso di soddisfazione della clientela di ben il 50%.

In anni più recenti, non differenti i risultati ottenuti da Pwc, con un sistema di selezione del personale incentrato sulla polifunzionalità del lavoro in cambio della flessibilità d'orario, e da Perpetual guardian, società neozelandese leader nel settore dei servizi di real estate e trust, con la settimana lavorativa di 4 giorni senza alcuna decurtazione delle retribuzioni, che ha mantenuto invece invariato il proprio tasso di produttività.

Secondo un'indagine di Timeewise del 2017, circa il 90% dei lavoratori nel Regno Unito lavorano o desidererebbero lavorare in modo flessibile: le esigenze personali di vita sono poste sullo stesso piano di interesse di quelle lavorative, ovvero, forme di conciliazione vita-lavoro divengono esse stesse fattore di produzione.

"Nel nostro ordinamento - ha ricordato Luciano Racchi - la flessibilità d'orario si traduce in istituti sostanzialmente volti a spostare nel tempo quotidiano il debito di lavoro del lavoratore (flessibilità individuale: spostamento dell'orario di inizio e di termine della prestazione quotidiana) spesso in funzione delle esigenze di vita dei figli in età scolare, dunque, con un contenuto di welfare modesto, ovvero, a dilatare il tempo di lavoro in presenza di circostanze di carattere produttivo, salvo il successivo recupero con correlati tempi di riposo, in relazione alle esigenze dell'impresa (flessibilità periodale), e in questo solo ambito interviene la contrattazione collettiva, soprattutto di 1° livello, a disciplinare gli spazi di deroga concessi dall'articolo 4 del decreto legislativo numero 66/2003 ai limiti di superamento dell'orario normale, dalla stessa norma disposti.

"Forme di flessibilità più vicine alle esigenze di vita, quali il cosiddetto 'lavoro ad isole' dove gruppi di lavoratori tra loro 'omogenei' - prosegue - si organizzano autonomamente in modo da consentire a ciascuno periodi di assenza, continuando a garantire, attraverso il lavoro degli altri colleghi, la produttività, sono infrequenti nell’esperienza italiana. Ne costituisce fruttuoso esempio un’azienda di Pordenone, la Graphicstudio, attiva nella realizzazione di album fotografici. La produttività e la qualità del servizio sono aumentate, il turn over si è sostanzialmente azzerato e la crescita ha consentito l’apertura di nuove unità produttive, anche all'estero".

Forme di flessibilità ad elevato contenuto di welfare sono, invece, il telelavoro e il lavoro agile o smartworking. Per entrambi, ha ricordato, "l'oggetto è la delocalizzazione della prestazione lavorativa fuori dall'ambito aziendale, presso il domicilio del lavoratore o anche altrove e il riconoscimento di un margine ampio di autonomia di gestione della prestazione da parte del lavoratore senza precisi vincoli di orario, sebbene l’articolo 21 della legge 22 maggio 2017 numero 81 (disciplina del lavoro agile) disponga l’obbligo delle parti individuali di disciplinare il potere di controllo datoriale da esercitarsi nel rispetto dei limiti di cui all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori".

"Il lavoro agile in Italia - ha aggiunto Luciano Racchi - presenta tuttavia alcune criticità: un primo aspetto concerne i margini di un effettivo esercizio del potere di controllo della prestazione da parte del datore. Il lavoro svolto all’esterno sembra qui non consentire neppure il controllo datoriale diretto, invece sempre possibile e fuori dai vincoli dell’articolo 4 dello Statuto quando il lavoro è svolto all’interno dell’azienda. Tra gli obblighi generali del datore di lavoro vi è quello di vigilanza circa l’adozione da parte del dipendente delle misure di sicurezza; qui in pratica inassolvibile, come di difficile applicazione la norma generale che impone al datore di lavoro di intervenire per escludere il rischio generico di infortunio, posto che l’ambiente di lavoro (il domicilio del lavoratore) è in sostanza sottratto alla sua disponibilità".

Un altro aspetto, aggiunge, "riguarda la impossibilità di registrare il tempo effetto di lavoro ai fini del pagamento dello straordinario (il lavoratore agile è pur sempre soggetto al limite d’orario normale contrattuale) e al proposito una recente decisione della Corte di giustizia europea, esaminando la normativa spagnola sull’orario di lavoro, ha stabilito la illegittimità di una norma analoga". In conclusione, dice, "nel nostro Paese vige ancora una disciplina legale farraginosa e complessa e manca una vera cultura, anche d’impresa, che favorisca strumenti di welfare, legati al luogo e al tempo di lavoro, davvero efficaci".

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