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Bruno Ranellucci: “Negli spazi confinati servono formazione vera e strumenti che salvano la vita”

Bruno Ranellucci
Bruno Ranellucci
15 ottobre 2025 | 09.33
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Il fondatore di Tutor Consulting mette in guardia sui rischi degli ambienti chiusi: più ore di corsi con l’aggiornamento del Decreto 81/08, ma anche dispositivi concreti per evitare tragedie.

Nichelino (To) 15/10/2025«Quando si entra in un silo, in una cisterna o in una condotta, la prima cosa da chiedersi è: lì dentro c’è ossigeno sufficiente per respirare? Ci sono gas che possono uccidere in pochi secondi?». Bruno Ranellucci parte da qui per spiegare quanto sia delicato il lavoro negli spazi confinati, un ambito in cui ancora oggi gli incidenti sono frequenti e spesso mortali.

L’aggiornamento del Decreto 81/08 ha raddoppiato le ore di formazione su questi percorsi, portandole da otto a quindici. Per Ranellucci, è un passo nella giusta direzione: «Non basta affidarsi all’esperienza o al “si è sempre fatto così”. Qui servono corsi seri, con esercitazioni pratiche e simulazioni reali. Perché una volta che sei lì dentro non hai margini per sbagliare».

Ma la formazione, da sola, non basta. «La maggior parte delle tragedie avviene perché non si usano gli strumenti giusti. Esistono dispositivi semplici per rilevare la presenza di gas tossici, maschere con ossigeno, sistemi di ventilazione. Non sono optional, sono ciò che può fare la differenza tra tornare a casa o no».

Il fondatore di Tutor Consulting non nasconde che dotarsi di queste tecnologie abbia un costo, ma insiste: «Risparmiare qui è folle. Ogni volta che un lavoratore muore in uno spazio confinato, la domanda è sempre la stessa: perché non aveva gli strumenti adeguati?».

Ranellucci è convinto che la combinazione di corsi più strutturati e dispositivi salvavita possa ridurre davvero il numero degli incidenti. «Abbiamo fatto un passo avanti aumentando la formazione, ma serve la mentalità giusta: considerare obbligatorio anche l’uso degli strumenti, non solo delle lezioni in aula. Solo così gli spazi confinati smetteranno di essere sinonimo di tragedie annunciate».

Un altro aspetto che Ranellucci mette in evidenza è il ruolo del datore di lavoro. «Non basta comprare i rilevatori di gas o le maschere: bisogna anche pretendere che vengano usati, verificare che siano funzionanti, vigilare perché le procedure vengano rispettate. La responsabilità non finisce con la consegna degli strumenti, anzi, lì comincia davvero».

E qui si torna a un punto che per Ranellucci resta centrale: la cultura della prevenzione. «Le norme e i dispositivi ci sono, ma senza la mentalità giusta non funzionano. Questa cultura deve crescere in chi lavora, in chi guida l’azienda, ma anche in chi commissiona i lavori. Perché il committente non può limitarsi a chiedere il prezzo più basso: deve preoccuparsi che l’impresa a cui affida il lavoro lo faccia con tutte le sicurezze necessarie.

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