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Immigrati: sfiora 300.000 firme petizione a Ue "fermate morti in mare"

22 aprile 2015 | 16.41
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Promossa dall'eritreo Tareke Bhrane e rivolta ai capi di Stato e di governo in vista del vertice straordinario Ue di domani. "Non sia operazione qualsiasi, prioritario salvare vite umane"

Tareke Bhrane
Tareke Bhrane

Sta rapidamente raggiungendo le 300.000 firme la petizione "Fermate le morti in mare ora", lanciata dal ventisettenne Tareke Bhrane, presidente del Comitato 3 ottobre, sulla piattaforma Change.org. Nella petizione si chiede, in vista del vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell'Unione europea in programma domani in Lussemburgo, che "venga decisa la messa in atto di una solida operazione congiunta europea di ricerca e salvataggio in mare, principalmente concentrata sul salvataggio di vite umane".

"L'Ue deve implementare urgentemente un'operazione di ricerca e soccorso, e questa non può essere qualsiasi operazione -dice Bhrane all'Adnkronos- . Deve avere le risorse e il mandato sufficienti per salvare la vita delle persone, e questo significa avere almeno le stesse risorse di un'operazione come Mare Nostrum. La priorità deve essere quella di salvare vite umane anche lungo i paesi di transito. Allo stesso tempo c'è bisogno di soluzioni a lungo termine, tra cui percorsi sicuri e legali per raggiungere l'Europa che forniscano un'alternativa al traffico".

"Sono fuggito dal mio paese a 17 anni per evitare la coscrizione a vita scrive Bhrane, eritreo, nella petizione-. Nel mio viaggio ho subito la violenza e la prigionia, ho rischiato di morire, sono stato respinto al primo tentativo di attraversare il Mediterraneo, ma alla fine sono riuscito a raggiungere l'Italia. Con il Comitato 3 Ottobre mi batto per ottenere l'istituzione di una Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, da celebrare simbolicamente ogni 3 ottobre a livello nazionale ed internazionale. L'obiettivo è restituire dignità ai migranti che hanno perso la vita, ma anche onorare le persone che hanno rischiato la propria vita per soccorrerli e creare un momento di riflessione condivisa che permetta una reale cultura dell'accoglienza".

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