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Jobs act: l'incontro, opportunità di sviluppo e innovazione

21 maggio 2015 | 12.59
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Si è chiuso ciclo seminari organizzati sul territorio

Jobs act: l'incontro, opportunità di sviluppo e innovazione

Malgrado l’acceso dibattito politico, che lo ha visto al centro di riflessioni e polemiche negli ultimi mesi, il Jobs Act promosso dal governo Renzi rappresenta per studiosi e imprese una concreta occasione di rinnovamento del mercato lavorativo del nostro Paese. Questo il messaggio emerso dal ciclo di seminari 'Jobs Act, istruzioni per l'uso', che si è concluso ieri sera a Roma, dopo aver toccato le città di Treviso e Milano.

Organizzato dal Gruppo Quanta, leader da oltre 15 anni nel settore delle risorse umane, e da Adapt, associazione fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere studi e ricerche sul mondo del lavoro, l’incontro capitolino ha fatto il punto sui cambiamenti introdotti nel mercato del lavoro italiano dal governo, alla presenza fra gli altri di Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato.

Proprio Sacconi ha affermato come il Jobs Act vada letto con approccio nuovo e ha auspicato che, a 45 anni dallo Statuto dei lavoratori, la nuova riforma del lavoro del governo Renzi diventi un vero Testo unico semplificato, introducendo innovazione ed efficienza nel mercato del lavoro italiano.

I tratti innovativi e le reali potenzialità del Jobs Act sono stati tratteggiati da Maurizio Castro, presidente del Gruppo Quanta, già senatore e relatore di importanti provvedimenti in materia di lavoro. “Il Jobs Act - ha spiegato Castro - accelera e intensifica il processo virtuoso di allineamento della normativa italiana in materia di mercato del lavoro alle migliori esperienze occidentali, creando le condizioni per favorire il processo di riposizionamento competitivo del nostro sistema d'impresa nell'arena internazionale".

"È ora cruciale completare sul versante contrattuale - ha aggiunto - la modernizzazione legale efficacemente realizzata dal Jobs Act: se per esempio l'esperimento di Fiat sul salario di partecipazione avrà successo e il contratto metalmeccanico sarà rinnovato senza resistenze ideologiche, si aprirà davvero una stagione fertilissima per l'economia italiana, capace di restituirle un ruolo propulsivo nello scacchiere europeo”.

Da parte sua, Michele Tiraboschi, ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha rimarcato il ruolo centrale delle agenzie per il lavoro nella ricostruzione del mercato occupazionale: “Dal mio osservatorio emerge che, nell’ultimo anno, i provvedimenti del governo hanno puntato a far crescere l’occupazione senza creare nuove tipologie e nuovi modi di lavorare. In tal senso, il Jobs Act dovrebbe conferire un ruolo centrale ai soggetti in grado di erogare formazione e gestire il lavoro in somministrazione, dato che il lavoro del futuro non sarà il classico posto fisso ma sarà fatto di progetti, condivisione e continuo adattamento a nuovi ruoli”.

Netta la posizione di Enzo Mattina, vicepresidente del Gruppo Quanta, già europarlamentare con alle spalle oltre 30 anni di dirigenza sindacale, a cui è toccato l’intervento conclusivo: “Ciò che è mancato nella genesi dei provvedimenti renziani in materia di lavoro - ha avvertito - è una seria e articolata proposta strategica integrativa di parte sindacale, che non mistificasse l’irreversibilità dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, quasi che fossero a vita, mentre sono sotto gli occhi di tutti le crisi, le chiusure, le ristrutturazione di antiche e nuove aziende, e si concentrasse sulla continuità della permanenza al lavoro, a prescindere dall’etichetta attaccata sulla tuta o la giacca".

"Una strategia, insomma, che facesse della qualificazione e riqualificazione professionale - ha detto - un diritto fondamentale dei lavoratori, imponendo un sistema efficiente nell’uso delle ingenti risorse economiche ancora oggi disponibili e contrastando le pulsioni dissipatorie della maggior parte dei governi regionali".

"Che facesse rieducazione culturale - ha proseguito - per far diventare l’apprendimento non una fase della vita che si conclude con un diploma, ma un onere costante di ogni individuo per tutto l’arco della sua esistenza. Che assicurasse protezioni uniformi a tutte le forme legali di lavoro, caso mai con uno Statuto dei lavori, ragionevole evoluzione del nobilissimo statuto del 1970. Che, alla fine, avesse il coraggio di esigere un modello italiano di cogestione delle imprese che renda trasparente l’operato di chi le governa quanto già lo è quello di chi a vari livelli esegue, che corresponsabilizzi nel raggiungimento di obiettivi comuni, premiando il merito e punendo gli errori manageriali“.

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