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Industria: Fim, 99 tavoli crisi e 56mila posti a rischio solo in settore meccanico

25 marzo 2021 | 17.43
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Industria: Fim, 99 tavoli crisi e 56mila posti a rischio solo in settore meccanico

Il quadro che ne esce non è dei peggiori, anzi il settore metalmeccanico, nonostante tutto sembrerebbe aver complessivamente retto l'onda d'urto del Covid. Ciò nonostante da l'ex Ilva a Blutec, da Piombino /Jsw a Whirlpool, fino a Bekaert e a Industria Italiana Autobus, sono molte le vertenze che attendono di essere risolte. I numeri dei tavoli aperti al Mise infatti, per il solo settore metalmeccanico, sono ancora grandi: 52 i tavoli di crisi nazionali per aziende sopra i 200 dipendenti; 47 quelli di crisi regionali. Quasi 56mila, 55 mila 817 per l'esattezza, i posti a rischio. Quattro i settori più colpiti: siderurgia, automotive, elettrodomestici, aeronautica. E' un Report della Fim a fotografare la situazione sul fronte industriale.

E tutto questo al netto di tutta una serie di crisi aziendali che non riescono ad approdare al Mise e neppure ad un tavolo regionale: piccole e medie imprese intorno ai 15/20 dipendenti, quelle che maggiormente stanno accusando l'impatto dell'epidemia. "56 mila lavoratori a rischio nel solo settore metalmeccanico sono troppi, serve un cambio di passo", ammonisce il leader Fim, Roberto Benaglia, commentando il Report e ricordando come anche per questo domani i sindacati saranno in presidio sotto al Mise.

"Non ci aspettiamo certo, che le cose si risolvano con la bacchetta magica, ci vuole dialogo e collaborazione. Per questo chiediamo al Ministro una presa in carico di queste crisi ridotando il Ministero dell’unità di crisi. Serve concentrare maggiormente gli sforzi, risolvere le vertenze storiche in termini di politiche industriali e di filiera, sgravi, liquidità e investimenti, per dare la possibilità a queste aziende di superare quest’anno e agganciare la ripresa e mantenere i livelli occupazionali", conclude.

In testa ai tavoli storici al Mise il caso dell’ex- Ilva, madre di tutte le vertenze. Ma non solo: in una crisi mai risolta si trovano anche il polo dell’ex-acciaieria di Piombino oggi Jsw, l’ex-Alcoa di Portovesme, oggi di proprietà di Sider Alloys e, infine, l’Acciai Speciali di Terni, messa in vendita da ThyssenKrupp. E questo proprio in un momento in cui, annota ancora il Rapporto Fim, l'aumento dell’import di acciaio da Germania, Turchia, Russia, Cina, a prezzi in crescita, dai 40 centesimi all'euro al Kg di oggi, si trasforma di fatto "in una mazzata per le aziende italiane".

Anche l’elettrodomestico giace in una crisi irrisolta "dopo le varie promesse di soluzione di Conte 1 e 2" sulla vertenza della Whirlpool di Napoli, a cui si aggiunge quella dell’intero gruppo in Italia, sul quale pesano le preoccupazioni per il calo di commesse. Non meno in crisi, registra ancora il report Fim, il settore automotive. A parte le storiche vertenze della Blutec di Termini Imerese (ex-Fiat) e della ex- Iribus (Industria Italiana Autobus), oggi alle preoccupazioni del crollo del mercato dell’automotive del 2020 il sindacato somma in prospettiva quelle legate alla transizione ecologica del settore con la chiusura in Abruzzo del sito della Honeywell , 340 dipendenti e la messa in cig, a febbraio, dei lavoratori del sito di Melfi del Gruppo Stellantis, per la mancata fornitura di chip.

Preoccupa anche il settore aeronautico e l’indotto dei grandi petrochimici nazionali con il sito siciliano di Priolo-Augusta e quello della Saras a Sarlux in Sardegna, che a causa del calo dei consumi energetici hanno ridotto notevolmente le manutenzioni. Un indotto importante, 3000 occupati complessivamente, di aziende collocate in aree del Paese con un alto tasso di disoccupazione e difficoltà di ricollocamento.

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