Armenia-Azerbaigian, Pashinian e Aliyev si impegnano alla pace alla Casa Bianca, ma molte le questioni aperte

il Corridoio strategico di Zangezur che avrebbe dovuto essere presidiato dall'Fsb russo sarà operato dagli Usa con l'Armenia e partner privati e avrà il nome di 'Trump Route'

Armenia-Azerbaigian, Pashinian e Aliyev si impegnano alla pace alla Casa Bianca, ma molte le questioni aperte
09 agosto 2025 | 12.00
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Il Premier dell'Armenia Nikol Pashinian e il Presidente dell'Azerbaigian hanno firmato ieri alla Casa Bianca un impegno a sottoscrivere un accordo di pace con l'obiettivo di porre fine a un conflitto radicato nella storia del Caucaso meridionale, e accordi bilaterali economici con gli Stati Uniti. Trump ha lodato come "molto intelligenti" i due leader - se non sfuggiti al controllo del Cremlino, perlomeno più attivi nell'opporsi alle ingerenze di Mosca - che hanno ricambiato proponendo il nome del Presidente americano per il Nobel per la pace. Il testo della dichiarazione firmata ieri - che contiene sette diverse disposizioni ma che non precisa i dettagli, secondo l'agenzia russa Tass - sarà pubblicato lunedì, ha precisato Erevan.

"Armenia e Azerbaigian sono impegnati a porre per sempre fine a ogni scontro, ad aprirsi al commercio, ai viaggi e alle relazioni commerciali, e a rispettare la reciproca sovranità e integrità territoriale", ha dichiarato Trump che ha anche sollevato le restrizioni sulla cooperazione militare con Baku imposte da Washington nel 1992.

La Turchia ha accolto positivamente, ma con malcelato scetticismo sui risultati, quelli che ha definito solo come "i progressi realizzati in vista di una pace duratura fra Armenia e Azerbaigian", come si legge nella dichiarazione del ministero degli Esteri ad Ankara. Anche l'Osce ha accolto positivamente il progresso verso la pace incoraggiando i due Paesi "a fare il possibile per arrivarci" davvero. Perché di fatto non è stato firmato un accordo di pace, ma solo un impegno a firmarne uno, il cui testo è peraltro già definito da mesi.

Certa è la rinuncia, da parte di Baku, a condizionare la firma dell'accordo pronto dallo scorso marzo, allo scioglimento del Gruppo di Minsk dell'Osce che da decenni media una soluzione del conflitto.

Non è chiaro in questo momento chi sarà effettivamente a controllare il corridoio di Zangezur, un lembo di terra strategico ma di poche decine di chilometri che collega l'Azerbaigian all'enclave occidentale di Nakhichevan, inclusa entro i confini dell'Armenia. L'accordo fra Pashinian e Aliyev sembra limitarsi ad assegnare agli Stati Uniti una concessione per lo sviluppo economico del corridoio, che nell'accordo per il cessate il fuoco del 2020 avrebbe dovuto essere presidiato dall'Fsb russo, a cui sarà dato il nome di Trump Route for International Peace and Prosperity (Tripp) ("un grande onore che non avevo chiesto", ha commentato il Presidente americano). I negoziati sullo sviluppo della connessione, che dovrebbe includere anche una ferrovia, gasdotti e oleodotti, cavi di fibra ottica, dovrebbero iniziare già la prossima settimana e almeno nove sviluppatori hanno espresso il loro interesse a partecipare, hanno reso noto fonti dell'Amministrazione americana.

"Oggi stiamo scrivendo una grande nuova pagina di storia", ha dichiarato Aliyev. L'Armenia si è impegnata a garantire "la sicurezza delle connessioni di trasporto" fra l'Azerbaigian e Nakhichevan e lo "spostamento non ostacolato di persone, auto e cargo in entrambe le direzioni", ha aggiunto. "Oggi abbiamo raggiunto una pietra miliare significativa nelle relazioni fra Armenia e Azerbaigian ponendo le fondamenta per scrivere una storia migliore di quella che abbiamo avuto nel passato", ha dichiarato a sua volta Pashinian, aggiungendo in seguito in una conferenza stampa che lo sblocco delle connessioni di trasporto regionali attrarranno miliardi di investimenti nell'economia armena.

I due leader hanno concordato di proseguire il processo di demarcazione dei confini che, se in un primo momento aveva portato alla definizione di 13 chilometri di frontiera, è fermo dal 2024.

Un altro ostacolo ancora da sciogliere è l'emendamento alla Costituzione dell'Armenia richiesto dall'Azerbaigian, un processo, quello della cancellazione di ogni riferimento all'unificazione dei territori, su cui Erevan ha dato il suo assenso a parole ma che potrebbe durare a lungo, fino almeno il 2027. Considerate le proteste dello scorso anno contro Pashinian, per la sconfitta del Nagorno Karabakh in seguito alla nuova operazione militare di Baku nel 2023, il Premier ha sollecitato il Paese a "unirsi intorno al programma per la pace".

Il primo paragrafo della Dichiarazione - elenca l'agenzia Tass - sancisce che le parti hanno siglato l'accordo di pace ed effettueranno sforzi per finalizzarlo. Il secondo, accoglie positivamente la firma di un appello congiunto all'Osce per lo scioglimento del Gruppo di Minsk, il terzo parla dell'importanza dell'apertura delle comunicazioni nella regione. Nel quarto si precisa che l'Armenia opererà con gli Stati Uniti e altre parti terze, per sviluppare e attuare un corridoio di trasporto che connette l'Azerbaigian all'enclave in Armenia. Il quinto che "sono state create le condizioni perché azeri e armeni sviluppino relazioni positive basate sull'inviolabilità dei confini internazionali e l'inammissibilità di usare la forza per acquisire territori" e che le parti "respingono ogni tentativo di vendetta ora e in futuro". Nel sesto paragrafo si sottolinea l'importanza della riunione di Washington per stabilire la pace nel Caucaso meridionale e nel settimo paragrafo si ringrazia Trump per gli sforzi fatti. "Dovremmo essere d'accordo con il Premier Pashinian per inviare un appello congiunto al Comitato Nobel perché conferisca il Premio Nobel per la pace al Presidente Trump", ha poi dichiarato a voce Aliyev.

Anche l'Iran, che confina con il Nakhichevan, accoglie positivamente gli sviluppi di ieri ma denuncia preoccupazione per le "conseguenze negative di qualsiasi intervento straniero in qualsiasi forma, in particolare in prossimità delle frontiere comuni". Interventi stranieri di qualsiasi tipo rischiano di "turbare la sicurezza e la stabilità duratura della regione", precisa una nota del ministero degli Esteri.

Il risultato di ieri è stato possibile, hanno precisato a Washington, grazie alla missione dell'inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff, a Baku nei mesi scorsi. Considerate i cinque lunghi colloqui che Witkoff ha avuto con Putin dallo scorso febbraio, è improbabile che la questione della presenza americana nella regione non sia stata inclusa nelle discussioni.

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