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Cinema: Liberski, rimpiango film italiani degli anni d'oro

10 aprile 2015 | 16.17
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Il cineasta a Roma per presentare al Festival 'Rendez-vous' il suo ultimo film, 'Tokyo Fiancée', tratto dal romanzo di Amelie Nothomb. E afferma: "La Francia sostiene la cultura perché pensa di essere un faro nel cielo del mondo. Un'arroganza benedetta. Qui in Italia invece il lavoro è più difficile..." (Videointervista)

Una scena da 'Tokyo Fiancée' di Liberski
Una scena da 'Tokyo Fiancée' di Liberski

"Il cinema italiano di oggi, con Nanni Moretti o qualche regista qua e là che conta di nuovo sulla scena internazionale, va un po' meglio di quello di qualche anno fa quando aveva avuto un calo". Parla così con l'Adnkronos il regista Stefan Liberski, al festival 'Rendez-vous' di Roma per presentare 'Tokyo Fiancée', il suo nuovo film tratto dal romanzo di Amelie Nothomb 'Né di Eva né di Adamo', che uscirà nelle sale il prossimo 28 maggio distribuito da Fil Rouge Media. Il titolo italiano della pellicola è ancora in via di definizione.

Liberski parla perfettamente l'italiano grazie a dei trascorsi nel nostro Paese che l'anno visto anche assistente volontario alla regia di grandi maestri del passato, tra i quali Federico Fellini che ha affiancato dietro alla macchina da presa ne 'La città delle donne'. "Rimpiango il cinema italiano degli anni d'oro che mi ha nutrito molto", dice il regista che sottolinea la differenza tra la situazione del cinema e in generale della cultura italiana e quella francese.

"In Francia abbiamo un'industria cinematografica forte per una volontà politica di investire in questo settore con un forte sostegno economico. Ma è una decisione di portata più ampia - spiega - volta a sostenere non solo il grande schermo ma la cultura in generale. I francesi sono più arroganti - afferma sorridendo - pensano di essere il faro nel cielo del mondo, anche se in questo caso è un'arroganza benedetta. Qui in Italia invece il mondo del cinema deve fare un lavoro più duro per sopravvivere...".

Quanto alla scelta di fare un film partendo da un romanzo 'autobiografico', come quello della Nothomb, che nata in Giappone da genitori belgi, racconta il suo primo viaggio nel Paese del Sol Levante avvenuto negli anni '80 per rivedere i luoghi della sua nascita: "Ho letto il libro mi è piaciuto molto. Avevo voglia da molto tempo - confessa Liberski - di fare un film in Giappone, era un mio vecchio sogno. 'Tokio Fiancée' è quindi un incrocio felice tra tre cose: l'amicizia con Amelie Nothomb, la voglia di fare un film in Giappone e la storia d'amore raccontata da Amelie, semplice e particolare come la volevo io. Un perfetto miscuglio".

Liberski spiega di avere cambiato diverse cose, a partire dall'ambientazione spostata ai nostri giorni, con un finale drammatico che ripropone il terribile terremoto e lo tsunami che hanno colpito il Giappone nel 2011. "La realtà di un romanzo è diversa dal film -spiega il regista - e ho avuto bisogno di parecchio tempo per liberarmi del libro. E' una cosa strana l'adattamento di un film da un romanzo perché è impossibile non tradire un autore. Devi essere un traditore fedele: un paradosso che bisogna riuscire a realizzare. E' la prima volta che faccio un adattamento da un romanzo. All'inizio pensi che sia facile, ci sono delle scene, dei dialoghi, basta mettere tutto nella forma giusta, ma poi scopri che non è vero niente, che bisogna ricostruire tutto. Direi che è ancora più difficile".

Il genere del film è la commedia romantica "che a me viene naturale - afferma Liberski - perché trovo che sia una cortesia nei confronti del pubblico raccontare le cose con leggerezza. Una scrittrice francese diceva che il mondo è già così pesante che quando si aggiunge qualcosa si deve avere l'accortezza di farlo con leggerezza", conclude.

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