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Cinema: Ocelot, 'la mia Dililì a Parigi tra civiltà e orrori'

12 aprile 2019 | 18.59
LETTURA: 5 minuti

Il regista Michel Ocelog (Foto AdnKronos) - Foto AdnKronos
Il regista Michel Ocelog (Foto AdnKronos) - Foto AdnKronos

(di Giuseppe Orlando) - La storia di una bimba di origini kanak nella Parigi della Belle Epoque in contrasto con gli orrori della violenza su donne e bambine e della discriminazione razziale. E' 'Dililì a Parigi', il film di animazione di Michel Ocelot, presentato in anteprima a Cartoons on the Bay, il festival dell'animazione crossmediale promosso dalla Rai e in corso a Torino, che sarà nelle sale italiane dal 24 aprile prossimo distribuito da Movies Inspired e Bim. "Ho scelto la Parigi della Belle Epoque perché è bella, le donne indossavano abiti che le facevano sembrare regine e fate ma nello stesso tempo cominciavano ad emanciparsi diventando avvocati, docenti universitari e perfino autiste di taxi", spiega Ocelot, noto soprattutto per essere il papà di Kirikù, personaggio animato protagonista di due pellicole: 'Kirikù e la strega Karabà' e 'Kirikù e gli animali selvaggi'. "La Parigi di quegli anni però - sottolinea il regista e animatore - mette in luce il contrasto tra la grande civiltà occidentale e la stupidità della violenza. In questo caso, quella degli uomini sulle donne, siano esse adulte o bambine".

Il film reca un messaggio positivo: "Su mille violenti - dice Ocelot - ci sono milioni di uomini che lavorano e contribuiscono a costruire la nostra civiltà, e finché ci sarà civiltà, i violenti sono destinati a soccombere". La pellicola, che ha vinto un premio Cesar per la migliore animazione, racconta la storia di Dililì, una bimba di papà kanak e mamma francese, educata a Parigi ma nata in Nuova Caledonia. "La mia pelle è troppo chiara per i miei connazionali e troppo scura per i parigini", dice all'inizio del film la piccola Dililì, auspicando "un luogo in cui nessuno faccia caso al mio colore". Una combinazione di situazioni che mescola diversi temi, dal razzismo alla difficoltà di trovare un'identità: "Una collezione di orrori", dice lo stesso Ocelot ridendo.

La piccola trascorre i suoi giorni incontrando i più straordinari personaggi che popolano la Parigi di quegli anni, da Marie Curie a Tolouse-Lautrec, fino a Picasso, Renoir, Cezanne, Proust, la marchesa Casati che in quegli anni veniva ritratta da Giovanni Boldini. Ma il clima frizzante di Parigi è turbato da una serie di rapimenti di bambine ad opera di un gruppo denominato 'Maschi maestri'. Lei indaga su questi rapimenti e risolverà il caso grazie all'aiuto di un fattorino e dei grandi personaggi che incontra. "Dililì è una bambina coetanea di Kirikù ma più matura e consapevole - spiega Ocelot - ha già sofferto nella sua vita". Il film infatti inizia con la bimba che si esibisce nello 'zoo umano' dell'Expo di Parigi. "Io sono convinto che anche le chiacchiere da bar possano far male. Ma, e non è utopia, la storia può cambiare", dice il regista con un certo ottimismo, anche a fronte delle "cifre impressionanti che caratterizzano la violenza sulle donne. In Francia si verificano episodi ogni due giorni, ma ci sono Paesi in cui le donne sono vittime non solo dei loro compagni o mariti, ma addirittura dei padri, de fratelli e anche dei figli". Ma l'ottimismo di Ocelot, che a 'Cartoons on the Bay' riceve il Pulcinella Award alla carriera, ha la meglio e la ricetta per lui resta la cultura: "Finché ci saranno cultura e civiltà, la violenza avrà la peggio".

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