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Invalida direttiva Ue su conservazione dati, Corte giustizia: ''Va rispettata vita privata''

08 aprile 2014 | 16.31
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Invalida direttiva Ue su conservazione dati, Corte giustizia: ''Va rispettata vita privata''

La Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato invalida la direttiva comunitaria sulla conservazione dei dati. La normativa, approvata nel 2006 e che riguarda la conservazione di dati generati o trattati nell'ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica, comporta, secondo la Corte di giustizia Ue, "un'ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario".

Nata per accertare e perseguire reati gravi, come quelli legati a criminalità organizzata e terrorismo, la direttiva dispone che i fornitori di servizi di tlc conservino i dati relativi al traffico, all'ubicazione e all'identificazione dell'utente. La direttiva non autorizza, invece, la conservazione del contenuto della comunicazione.

Ma, secondo la Corte di giustizia, permettendo di conoscere con chi, quando, da dove e la frequenza con cui un abbonato comunica con un altro utente e "imponendo la conservazione di tali dati e consentendovi l'accesso alle autorità nazionali competenti", la direttiva si ingerisce "in modo particolarmente grave nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale".

Per la Corte di giustizia Ue "il fatto che la conservazione ed il successivo utilizzo dei dati avvengano senza che l'abbonato o l'utente registrato ne siano informati può ingenerare negli interessati la sensazione che la loro vita privata sia oggetto di costante sorveglianza". Ma anche se la direttiva "non è idonea ad arrecare pregiudizio al contenuto essenziale dei diritti fondamentali", non consente di conoscere il contenuto delle comunicazioni e "risponde effettivamente a un obiettivo di interesse generale", tuttavia eccede "i limiti imposti dal rispetto del principio di proporzionalità".

In primo luogo, secondo la Corte di giustizia, la direttiva approvata dalle istituzioni di Bruxelles si applica a tutti, "senza che venga operata alcuna differenziazione, limitazione o eccezione in ragione dell'obiettivo della lotta contro i reati gravi".

Inoltre "non prevede alcun criterio oggettivo che consenta di garantire che le autorità nazionali competenti abbiano accesso ai dati e possano utilizzarli" solamente per perseguire i reati. E infine, quanto alla durata della conservazione dei dati, la direttiva impone "che essa non sia inferiore a sei mesi, senza operare distinzioni tra le categorie di dati a seconda delle persone interessate o dell'eventuale utilità dei dati rispetto all'obiettivo perseguito".

Commentando la decisione della Corte di Giustizia Ue, il presidente dell'Autorità Garante per la Privacy, Antonello Soro, afferma: "La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea va nella direzione da noi sempre auspicata di una più marcata tutela dei diritti".

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