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Mobilità: Italia su rotaie a due velocità, emergenza Sud

21 gennaio 2016 | 17.12
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Viaggio nell'inferno dei pendolari italiani, ecco le linee da incubo

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E' un'Italia a due velocità quella che si muove su ferro, divisa tra il successo dei Frecciarossa su cui viaggiano sempre più persone ogni giorno (+7,7% nel 2014 e una previsione nel 2015 tra il 6 ed il 7% di ulteriore crescita) e i tagli a Intercity e collegamenti a lunga percorrenza (-22,7% dal 2010 al 2014). Eppure, sono 2milioni e 842mila i passeggeri che ogni giorno usufruiscono del servizio ferroviario regionale, con un +2,5% rispetto al 2014. È quanto emerge da Pendolaria 2015, il dossier di Legambiente presentato oggi a Napoli.

In Lombardia sono 703mila (+4,9%), crescono anche in Puglia (+2,8%), mentre diminuiscono in Sardegna (-9,4%) e in Umbria (-3,3%). Emblematica la situazione in Campania, dove malgrado i pendolari siano tornati a crescere siamo comunque a -130mila al giorno rispetto al 2009, e in Piemonte dove, dopo la cancellazione di 14 linee, sono 35.000 i viaggiatori al giorno in meno rispetto al 2011.

La ragione di queste dinamiche differenti è nei tagli al servizio ferroviario regionale che, complessivamente dal 2010, sono stati pari al 6,5%, con punte del 18,9% in Basilicata, del 26,4% in Calabria, del 15,1% in Campania e del 13,8% in Liguria. Ma aumenta il costo dei biglietti: record in Piemonte con un aumento del 47%, segue la Liguria (+41%), Abruzzo e Umbria (+25%) a fronte di un servizio che non ha avuto alcun miglioramento. In alcuni territori sono invece proprio scomparsi i treni, visto che in questi anni sono stati chiusi 1.189 km di linee ferroviarie.

Per fare un confronto: da Roma verso Milano, nel 2007, i collegamenti Eurostar al giorno erano 17, oggi tra Frecciarossa e Italo sono 63, con un aumento dell'offerta in 8 anni pari al 370%. Molto diversa la situazione per le 120mila persone che ogni giorno prendono i treni della ex Circumvesuviana, a Napoli, che hanno visto un calo dell’offerta di treni del 30%. Ma una situazione analoga la vive anche chi sui collegamenti nazionali è fuori dai percorsi delle Frecce perché il calo nell’offerta degli Intercity è stata dal 2010 del 19,7% e parallelamente sono calati i passeggeri del 40%.

Un Paese, dunque, con treni di serie A e B, con il Sud che si presenta come una grande questione nazionale: ogni giorno i treni regionali che circolano tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono meno di quelli della sola Lombardia (1.738 contro 2.300). Non solo, quei treni sono anche più vecchi al Sud rispetto al Nord (20,4 la media di età contro 16,6) e sono più lenti, perché larga parte delle linee sono a binario unico e non elettrificate.

Eppure, dove si migliora il servizio il successo è garantito: come in Alto Adige dove i viaggiatori sono triplicati in 4 anni, ma anche al Sud con la Foggia-Lucera e la Bari-Palese-Aeroporto in Puglia, il successo a Napoli della linea 1 della Metropolitana con le stazioni realizzate da artisti e architetti, e quello del collegamento diretto Palermo-Catania da quando vi sono nuovi treni e tempi di percorrenza ridotti.

Promosso il ministro Graziano Delrio alle Infrastrutture che ha portato alcuni cambiamenti positivi: l’approvazione della Delega Appalti, che ha finalmente cancellato la Legge Obiettivo introducendo regole chiare per progettazione, controlli, collaudi delle opere, e poi negli stanziamenti previsti nella Legge di Stabilità 2016 per il trasporto merci ferroviario e marittimo, per le ciclovie.

"Ora però - aggiunge Legambiente - serve una riforma complessiva del ministero in modo da chiudere per sempre la stagione delle grandi opere e spostare attenzione e investimenti nelle aree urbane e in una visione integrata dei trasporti per ridurre le differenze nel Paese". Le Regioni dal 2001 hanno la responsabilità per il servizio ferroviario regionale, ma hanno investito poco, la media è uno stanziamento di 0,28% per i pendolari rispetto al bilancio annuale

“Serve subito un cambio delle priorità per passare dalle grandi opere a quelle utili e urgenti nelle città e per migliorare i collegamenti al Sud che sono privi di finanziamenti – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente - Inoltre mancano le risorse per comprare quei 1.600 treni indispensabili a rilanciare il trasporto ferroviario regionale”.

Nel bilancio dello Stato le risorse ci sono per realizzare, con una seria programmazione, un salto di qualità nel servizio ferroviario. Da dove partire? Tagliando gli incentivi all’autotrasporto, che nella Legge di Stabilità 2016 beneficia di 250 milioni di euro di sconti sui pedaggi autostradali, e di 3 miliardi di Euro di sconti sull’accisa. Spostando le risorse dalle infrastrutture stradali a quelle ferroviarie.

Le proposte di Legambiente: spostare il 50% degli investimenti previsti dal Contratto di Programma di Rfi nei nodi urbani e nel Sud; un programma di nuove linee di tram e metropolitana nelle città, attraverso un fondo da finanziare con 500milioni all’anno da prendere dai sussidi all’autotrasporto e concentrando qui gli investimenti del Piano Juncker e della Bei che oggi prevedono di realizzare autostrade; potenziare il servizio ferroviario regionale con 500 milioni di euro all’anno da destinare al fondo per il Tpl e il trasporto ferroviario regionale; comprare nuovi treni, servono almeno 500 milioni di euro all’anno per dieci anni, attraverso un cofinanziamento Statale, regionale e utilizzando i fondi del Piano Juncker.

Per cambiare scenario servono più treni, a partire dalle linee dove è maggiore la domanda di servizio e aumentando la velocità media dei treni. Secondo uno studio di Legambiente servono 1.593 treni, di cui 1.259 per il servizio di trasporto regionale (429 a media percorrenza e 830 per i treni ad Alta frequentazione), 150 treni per il servizio di metropolitana, 184 tram. Per un investimento di questa dimensione si può stimare una spesa di circa 5-7 miliardi.

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