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La crisi dei semiconduttori oltre la crisi dei semiconduttori

20 settembre 2021 | 07.01
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Alcune case automotive puntano a mantenere rincari e tempi di attesa per i propri modelli di lusso anche quando la crisi dei microchip sarà finita.

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La carenza di microchip, essenziali nel funzionamento della auto, dal più semplice alzacristalli elettrico fino ai più sofisticati sistemi di guida assistita - ogni auto ne monta almeno due dozzine, i modelli più tecnologici anche più di cento - sta facendo arrancare da mesi l’automotive nel momento in cui la domanda invece aumenta di rimbalzo in ogni parte del mondo dopo i ripetuti lockdown. E anche se i produttori di auto di lusso tedeschi si stavano allontanando da un approccio di vendite basato sui volumi già da prima della pandemia, il discostamento tra domanda e offerta dell’ultimo periodo ha dimostrato che i loro clienti sono disposti a pagare di più.

Così si sono detti pronti a scommettere che un rialzo permanente dei prezzi non porterà danni. Come ha dichiarato al Financial Times il CFO di Daimler Harald Wilhelm, “Abbiamo deciso consciamente di sottoprodurre rispetto alla domanda, e allo stesso tempo ci sposteremo sempre di più nello spettro dell’alta gamma”. Gli ha fatto eco il CFO BMW Nicholas Peter: “Abbiamo visto un significativo miglioramento nel nostro potere di mercato, e gestiremo l’offerta per mantenerlo a questi livelli”. Un nuovo approccio nella vendita di modelli di lusso spinto dalla crisi dei chip dovuta alla pandemia che, come spiegano gli analisti di Bernestein “Ha aperto gli occhi a tutti, mostrando che un nuovo paradigma è possibile”.

Quello che è stato modificato in realtà, non è stato il prezzo di listino, ma la possibilità data ai rivenditori di concedere sconti che di media si aggirano intorno al 15%. Secondo dei calcoli di massima, la diminuzione di un solo punto percentuale degli sconti concessi porterebbe profitti di 17 miliardi di euro alle industrie automobilistiche, e negli ultimi mesi sia in Europa che negli Stati Uniti questi stessi sconti sono diminuiti almeno del doppio rispetto al picco pre-pandemico. Il tempo di permanenza di un’auto in concessionaria è passato dai 62 giorni di due anni fa ai 26 di oggi e lo sconto offerto è sceso al 4,3% in media.

E se prima, specialmente negli Stati Uniti, i rivenditori premevano affinché le auto fossero disponibili in salone per la pronta consegna, ora si sono accorti che i clienti sono disposti ad aspettare e a non tentennare di fronte ai prezzi aumentati. Come spiega Nicholas Peters “L’acquisto di un’auto premium come una BMW è una decisione emozionale. Avere dei tempi di attesa, chiaramente non troppo lunghi, secondo noi aggiunge qualcosa all’esperienza”. Non si conoscono i progetti delle altre case automobilistiche riguardo ai prezzi, ed è probabile che i modelli meno lussuosi tornino prima o poi a guadagnare sui volumi. Ora come ora però la contrazione della produzione è un dato di fatto, e proprio in questi gironi anche un colosso come la General Motors ha dovuto ammettere di aver sbagliato i calcoli, e che la crisi dei semiconduttori impatterà nel secondo semestre del 2021 in modo molto maggiore rispetto alle previsioni. Il risultato è sempre lo stesso: auto più scarse, domanda più alta, prezzi maggiori. Per chi vuole aggirare queste nuove dinamiche la sfida è difficile. Nemmeno ripiegare sull’usato aiuta: i prezzi sono aumentati del 25%, anche accontentandosi di auto con un chilometraggio elevato. Di contro, un’auto usata sta diventando una migliore merce di scambio per la permuta, bilanciando in qualche modo gli aumenti di prezzi del nuovo.

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