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Leader comitato Trivulzio: "Volevano perfino legare mia madre"

17 aprile 2020 | 08.40
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La denuncia di Alessandro Azzoni: "Non hanno seguito alcun protocollo, né praticato terapie adeguate"

(Fotogramma)
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"Sono giorni che battaglio con i sanitari, perché le mettano almeno una flebo. Quando aveva la febbre alta, mi hanno chiesto l’autorizzazione di legarla al letto perché non andasse a contagiare altri". E' il dettaglio raccontato in un'intervista a Repubblica da Alessandro Azzoni, fondatore del 'Comitato verità e giustizia vittime Trivulzio', sulla madre Marisa, ospite del Pio Albergo Trivulzio.
"Prima - dice sempre di sua madre - hanno permesso che venisse contagiata, poi non hanno seguito alcun protocollo, né praticato terapie adeguate, né fornito assistenza psicologica. Uno sfacelo che testimonia il completo fallimento della dirigenza del più grande istituto geriatrico italiano. Una vergogna che va punita".

Il Comitato ha già raccolto centinaia di adesioni per chiedere giustizia su quanto accaduto nella casa di riposo e oggi Azzoni firmerà un'istanza urgente da presentare a Tiziana Siciliano, pm della Procura di Milano che sta indagando sulle morti sospetti al Trivulzio. Quello che chiederà è "una misura cautelare che potrebbe essere un sequestro preventivo per giungere possibilmente ad un commissariamento del Pio Albergo e per intervenire su una gestione manageriale e sanitaria disastrosa, un caos che rischia di aggravare le conseguenze dell’epidemia". Secondo Azzoni "il reato è ancora in corso in quei reparti. Ed è urgente intervenire prima che muoiano tutti".

Azzoni è convinto che al Pat non abbiano preso "nessun provvedimento per salvare i nostri cari". Negli ultimi giorni, racconta nell'intervista, "ho ascoltato storie agghiaccianti di malasanità e ingiustizia che si sono consumate fra quelle mura e che vanno raccontate. Tante persone sono state infettate dagli stessi medici e infermieri invitati a non mettere le mascherine, mentre il virus passava da un letto all’altro e venivano accettati pazienti Covid dagli ospedali. È un dovere - afferma - fare una battaglia per dare alla morte un briciolo di dignità. Molti di noi non potranno più abbracciare mamma o papà. Ma almeno avremo giustizia".

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