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Libia, Varvelli (Ecfr): "Meloni non si fa illusioni, crisi endemica"

27 gennaio 2023 | 17.42
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'Elezioni solo dopo passaggi chiave, mal si conciliano con presenza Wagner e milizie turche'

Arturo Varvelli
Arturo Varvelli

La Libia resta importante per l'Italia, ma non come in passato, il nuovo governo "non si fa illusioni, ha capito che la crisi è ormai diventata endemica". Arturo Varvelli, presidente dell'European council on foreign relations (Ecfr) di Roma, parla di "un ribilanciamento dell'interesse italiano" per il Paese nordafricano alla vigilia della missione a Tripoli di Giorgia Meloni, esortando piuttosto l'Unione Europea "a rimettere in moto la macchina sul fronte sud" dopo la distrazione provocata dalla guerra russa in Ucraina.

"La Libia è stata quasi sempre il luogo dove sono avvenute le prime visite dei capi di governo italiani - sottolinea Varvelli, parlando con l'Adnkronos - Per la prima volta vediamo che non è così e anzi Meloni è andata prima in Algeria, importante dal punto di vista delle forniture energetiche. Il nuovo governo ha capito che la crisi libica è endemica, che la soluzione non è una gitarella della Meloni e tutto l'apparato istituzionale italiano è consapevole di questo. Bisogna andare a Tripoli, ma anche agire su altri terreni".

Premesso questo, l'esperto dice di aspettarsi dall'Italia "un supporto vero agli sforzi delle Nazioni Unite" per mettere a punto una nuova roadmap, mentre l'Ue "dovrebbe rimettere in moto la macchina sul fronte sud: è vero che c'è il conflitto in Ucraina, ma il mondo non finisce lì, le questioni energetiche hanno dimostrato l'importanza anche di quella regione, motivo per cui l'Europa dovrebbe guardare con maggiore interesse alla stabilizzazione di quelle aree".

Varvelli non azzarda poi previsioni sulle prospettive di un accordo politico in Libia: "Mi sembra che navighiamo a vista e io non sono mai stato un grande tifoso delle elezioni, che penso dovrebbero tenersi solo dopo una serie di passaggi chiave". Il capo dell'Ecfr ritiene fondamentale prima la messa a punto di una roadmap che "assicuri quando si arriverà al voto il risultato sia accettato da chi perde e che chi vince non instaurerà una dittatura, che avvenga in un contesto controllato, senza violenze e soprusi". Un contesto che per ora Varvelli non ritiene plausibile: "Tutto questo si concilia molto poco con la presenza dei miliziani russi del Wagner Group o delle milizie e delle truppe turche".

E proprio in particolare l'influenza di Mosca ha fatto rientrare in gioco gli americani, ora "maggiormente interessati alla Libia, perché hanno cominciato a percepire la rilevanza della presenza russa: cosa succederebbe se ci fosse un attacco a un'infrastruttura energetica di quel Paese? E se gli algerini si facessero convincere dai russi a ridurre le forniture di gas all'Occidente?".

Varvelli non considera più neanche un problema la rivalità tra la Turchia, sponsor dell'ovest, e l'Egitto sponsor dell'est: "Ankara e il Cairo si parlano, non credo siano loro l'ostacolo ad un accordo in Libia, quanto la presenza russa, oltre naturalmente alle questioni interne ed ai conflitti interpersonali".

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