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L’infezione da HPV riguarda anche i maschi, gli effetti sulla fertilità

21 dicembre 2022 | 10.59
LETTURA: 4 minuti

In collaborazione con Siams, Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità

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L’infezione da HPV (Papilloma Virus umano) è una malattia sessualmente trasmessa (MST) tramite rapporto sessuale non protetto (genitale, anale, orale); è molto frequente nella popolazione, dato che a livello mondiale si stima che il 75% delle donne sessualmente attive si infetti almeno una volta nel corso della vita (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2598641/). In Italia, si stima una prevalenza di infezione da HPV circa del 15-23% in donne in età sessualmente attiva, mentre nel sesso maschile non sono disponibili dati definitivi ma si stimano tassi considerevoli.

In base al potenziale oncogeno del virus (dipendente dalla propensione del sottotipo virale ad integrarsi nel DNA della cellula infettata, potendone causare una trasformazione neoplastica), si possono suddividere ceppi di HPV a basso rischio (es. HPV 6 e 11, causanti infezioni asintomatiche o verruche cutanee, condilomi genitali o alle mucose) e ad alto rischio (es. HPV 16,18, 31,33, che possono causare in entrambi i sessi tumori genitali-anali o del distretto testa-collo). E’ inoltre di recente crescente interesse il ruolo di HPV nell’infertilità maschile, tanto che nell’iter diagnostico dell’infertilità di coppia, può essere suggerita la ricerca di HPV nel liquido seminale (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25270519/).

Questo recente lavoro di Capra et al (https://doi.org/10.3390/life12111919), di cui parliamo, seppur sia svolto su una limitata casistica di pazienti, conferma il possibile ruolo nefasto di HPV sull’infertilità maschile ed aggiunge qualche dato nuovo di possibile rilievo. In primis, si conferma l’elevato riscontro di HPV nel liquido seminale di pazienti che ricorrono a fertilizzazione in vitro (IVF) per infertilità di coppia: l’osservata prevalenza del 40.2% è ulteriormente maggiore di quanto riportato finora in letteratura in questa categoria di pazienti (fino al 25-28% circa) (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25270519/). In aggiunta, apparentemente indipendentemente dalla localizzazione spermatica del virus, si conferma che i parametri seminali su cui HPV impatta sono la morfologia e soprattutto la motilità spermatica. È infatti noto in letteratura che il meccanismo con cui l’HPV può alterare la fertilità maschile è principalmente dovuto ad una riduzione della motilità spermatica (astenozoospermia), dovuta al legame dell’HPV alla regione acrosomiale della testa dello spermatozoo (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19100537/); in aggiunta, è stato osservato in letteratura che la presenza di HPV nel liquido seminale rappresenti uno stimolo immunogenico per lo sviluppo di anticorpi anti-spermatozoo (ASA), i quali vanno a legarsi agli spermatozoi alterandone ulteriormente la motilità progressiva (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23043686/).

Più dibattuto in letteratura è invece il ruolo di HPV sull’alterazione al DNA spermatico, valutato come indice di frammentazione (DFI); in generale, ad un maggior DFI corrisponde una peggior qualità del DNA spermatico ed un conseguente aumentato rischio di mancata gravidanza o aborto. Ad oggi i dati in merito all’impatto di HPV sul DFI erano contrastanti. Questo lavoro di Capra et al sembra suggerire, seppur su una casistica molto limitata di pazienti (11 con HPV a basso rischio vs 36 ad alto rischio), che siano solo i ceppi di HPV ad alto rischio a potere impattare sul DFI(probabilmente per la maggior propensione del sottotipo virale ad alto rischio ad integrarsi nel DNA della cellula infettata); questo potrebbe comportare solamente da parte dei ceppi di HPV ad alto rischio un ulteriore impatto negativo sul tasso di aborti e sulla possibilità di gravidanza naturale e medicalmente assistita.

Questo lavoro ribadisce dunque l’importanza di un adeguato management dell’infezione da HPV nel contesto dell’infertilità di coppia. Non esistendo ad oggi una terapia eziologica contro l’infezione da HPV, è dunque fondamentale (per tutta la popolazione e nel contesto dell’infertilità di coppia) un adeguato counseling volto a favorire l’eradicazione dell’infezione: utilizzo del preservativo, anche per rapporti anali o orali; attenta igiene del tratto riproduttivo e delle mani; sospensione del fumo di sigaretta (per agevolare la risposta immunitaria volta all’eliminazione del virus); trattamento dermatologico di rimozione di eventuali lesioni condilomatose; uso di indumenti intimi ed asciugamani strettamente personali (e loro lavaggio ad elevate temperature).

Di rilievo può anche essere il ruolo della vaccinazione per HPV, a scopo di prevenire l’infezione o per favorirne l’eradicazione, oltre che nella donna (dove tale vaccinazione è raccomandata), anche nell’uomo (sebbene in quest’ultimo, tale vaccinazione al momento sia off-label e consigliata solo in caso di infezioni da HPV ripetute o protratte).

La stretta adesione alle riportate indicazioni di counseling ed eventualmente il ricorso alla vaccinazione comportano un significativo miglioramento nei tassi e nella rapidità di eradicazione dell’infezione da HPV, che diversamente può richiede invece un protratto periodo di tempo (12-18mesi) per una eventuale eradicazione spontanea; tali strategie possono risultare rilevanti, nel contesto dell’ infertilità di coppia, al fine di favorire l’eradicazione del virus a livello seminale, con conseguente miglioramento della motilità spermatica e dei tassi di gravidanza naturale o assistita (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24165376/).

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