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Lo storico De Bernardi: "La posizione dell'Anpi su Bucha contraddice sua identità"

06 aprile 2022 | 14.24
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"Ciò che sta succedendo è già accaduto: la guerra ai civili è parte integrante di una strategia militare propria di tutte le guerre civili che si sono succedute nel corso del ‘900"

 - Alberto De Bernardi
- Alberto De Bernardi

“La posizione dell’Anpi fa specie rispetto ad altre posizioni perché viene da un’organizzazione nata per custodire la memoria partigiana e quella di altre vittime”. Alberto De Bernardi commenta con l’Adnkronos le parole dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia che in un comunicato “ha condannato il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’Onu e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili". Secondo lo storico dell’Università di Bologna, l’eccidio nella cittadina ucraina e gli altri che si vanno via via scoprendo, sono un copione già visto, dato che “in Italia ci sono state centinaia di stragi, da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema, durante la Seconda Guerra Mondiale ed è evidente che queste dinamiche storiche si stanno riproducendo in Ucraina. Quella in corso è una guerra ideologica, non una guerra fra Stati, che vuole negare l’esistenza dell’Ucraina. È l’invasione di un Paese civile, che voleva scegliere il proprio futuro, da parte di uno Stato imperiale. Ciò che sta succedendo è già accaduto, la guerra ai civili è parte integrante di tutte le guerre civili che si sono succedute nel corso del ‘900”.

"Uccidere i civili – spiega De Bernardi – fa parte integrante dello scontro, ucciderli fa parte di una strategia militare, per impressionare, spaventare, colpire i voltagabbana e vendicarsi in maniera vergognosa. Quanto al fatto che l’Anpi chiami in causa l’Onu, si ricordi che le Nazioni Unite e i Tribunali internazionali colpiscono i singoli responsabili e i processi sono verso i singoli colpevoli che si sono macchiati di delitti contro l’umanità: si tratta di processi individuali per appurare il ruolo e le responsabilità degli inputati in queste violenze. Ma tutto questo non c’entra con la constatazione dei fatti, che è del tutto incontrovertibile. Quello che è accaduto a Bucha ha riguardato un esercito in ritirata che ha commesso violenze contro i civili e questo ha come conseguenza la necessità di armare l’esercito ucraino, perché l’unico modo per far sì che queste cose non riaccadano è mettere gli ucraini nelle condizioni di difendersi”.

"Parallelamente, devono andare avanti i negoziati e le trattative di pace – prosegue lo storico - ma prima di tutto bisogna fare in modo che in Ucraina ci siano le condizioni interne perché il Paese si possa difendere. La ritirate che stanno avvenendo da diverse città testimoniano che aiutare l’ucraina è stato utile e ha impedito l’invasione completa del Paese e che ciò che è avvenuto si riproducesse su scala più grande anche altrove. In tutto ciò, è sorprendente l’evocazione dell’Anpi del disarmo e della pace, quando i fatti testimoniano che, se gli ucraini non fossero stati armati, queste azioni si sarebbero riproposte su scala più grande. L’Anpi rappresenta la memoria dei partigiani, degli uomini e delle donne che hanno preso le armi per difendersi dai nazisti. Ma non solo: quelle armi glie le hanno date gli alleati. E’ successo in Italia, fra il ‘43 e il ‘45, esattamente quello che sta succedendo adesso in Ucraina e rispetto a cui oggi l’Anpi, invece di dire ‘aiutiamo gli ucraini nella loro resistenza', prende una posizione attendista, senza chiamare in causa la propria identità storica, che dovrebbe collocarla in una posizione del tutto opposta”.

(di Cristiano Camera)

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