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"L'uomo nato per essere re": i 70 anni di Trump, in corsa per la Casa Bianca

12 giugno 2016 | 13.36
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Donald Trump (AFP PHOTO)  - (AFP PHOTO)
Donald Trump (AFP PHOTO) - (AFP PHOTO)

"Ha sempre pensato di essere nato per essere re, di essere destinato a diventare un leader del mondo". Così racconta Marla Maples, la starlette che per sei anni è stata la seconda moglie di Donald Trump, convinta che in qualche modo, forse in una vita passata, il padre della figlia, Tiffany Arianna, abbia avuto veramente sangue reale.

In realtà Trump, che martedì prossimo compirà 70 anni, è nato nei Queen il 14 giugno 1946, da Mary Ann MacLeod, scozzese arrivata a New York per turismo e poi rimasta per amore, e Fred Trump.

Così infatti avevano anglicizzato il loro nome i nonni Friederich ed Elisabeth Drumpf arrivati dalla Germania negli Stati Uniti per conquistare il 'sogno americano' che ora il nipote vuole negare a tanti. Ed alla nascita di Donald, quarto di cinque figli, Fred Trump si poteva considerare arrivato alla vetta di quel sogno: costruttore ed immobiliarista, dopo la Grande Depressione aveva fatto fortuna costruendo 15mila alloggi nei Queens, Staten Island e Brooklyn, nell'ambito dei progetti federali per l'edilizia popolare.

Ma evidentemente questo non bastava e il padre spronò il figlio Donald, che a 13 anni fu mandato a studiare all'accademia militare, a diventare "un killer" per avere il successo che meritava perché "era un re", secondo quanto raccontato dal biografo di Trump, Harry Hurt III. Uscito dall'accademia, dove ovviamente divenne un leader e un campione sportivo, nel 1964, Donald lavorò un'estate nell'azienda di famiglia e poi andò alla Fordham University, passando poi alla Wharton School of Finance dell'università della Pennsylvania, dove si laureò nel 1968 in economia.

Anche questo semplice dettaglio della sua biografia, il trasferimento da un'università all'altra, ha dato modo al candidato repubblicano - che ama descriversi sempre come "una persona estremamente intelligente" - di esprimersi in termini aggressivi, affermando di aver lasciato l'ateneo newyorkese perché non era all'altezza del suo genio. Provocando la reazione offesa di docenti e studenti dell'università.

Finita l'università, Trump così inizia la sua carriera da imprenditore sulle orme del padre, entrando nell'azienda di famiglia, anche se negli anni - e soprattutto durante questa campagna elettorale in cui ha vinto la nomination grazie ai voti di elettori bianchi di ceti più bassi - ha cercato di portare avanti il mito del 'self made bilionare" che ha dovuto lottare per tutto quello che ha avuto.

Più volte durante la campagna elettorale Trump ha ripetuto che quando iniziò la carriera di immobiliarista in proprio il padre - che era uno dei uomini più ricchi d'America con un patrimonio di 200 milioni di dollari, che oggi equivale ad un miliardo - gli diede "un piccolo prestito" di un milione di dollari per conquistare il mercato di Manhattan, dove Fred Trump non si era mai avventurato.

La realtà però è che il nome del padre gli aprì le porte di banche, assicurazioni ed uffici della New York City Hall che sarebbero stati chiusi per un vero giovane imprenditore venuto dal nulla. Quando nel 1974 Donald ebbe il suo primo grande progetto newyorkese - sostituire il vecchio Commodore Hotel a Grand Central Terminal con un lussuoso Hayatt - fu grazie al buon nome, ed alle garanzie bancarie, di Trump padre che il figlio ebbe i finanziamenti di decine di milioni di dollari, ha scritto Wayne Barrett' nel libro del 1992, "Trump, The Deals and the Downfall."

Iniziò così la costruzione dell'impero immobiliare a New York, anche grazie al sostegno dei tanti politici newyorkesi amici del padre prima e poi suoi, attraverso i quali Trump ottiene consistenti agevolazioni fiscali, come lui stesso ricorda nel suo libro "The art of the deal". Diventato così il più famoso, e anche il più discusso, immobiliarista di New York, negli anni ottanta il nome di Trump si trasforma un 'brand' per molte altre società, in molti altri settori.

Ma il brand diventa da subito qualcosa di più, diventa la narrativa di un uomo innamorato di se stesso e del proprio successo - come imprenditore, playboy sposato a top model e poi re dei reality show - con cui Trump ha dirottato e vinto le primarie repubblicane ed ora spera di conquistare la Casa Bianca.

E in questa narrativa Trump - accusato da più parte di essere un sessista, misogino e per questo nei guai con l'elettorato femminile - ha voluto sempre mostrarsi con bellissime donne al fianco. A cominciare da Ivana Zelnickova Winklmayr, la modella che nel 1968 era stata nella squadra olimpica di sci della Cecoslovacchia sposata nell'aprile del 1977. Dopo la nascita del primo dei loro tre figli - John Donald, nato nel dicembre dello stesso anno - Ivana assunse un ruolo importante nella Trump Organization, diventando vice presidente del settore interior design, responsabile dell'arredamento della futura Trump Tower.

Quando il marito rivolse il suo interesse nel settore dei casinò di Atlantic City, Ivana si trasferì nella città sulla costa del New Jersey come presidente dal Trump Castle Hotel and Casino as president. Alla fine degli anni ottanta tentò di lasciare la carriera per tornare ad occuparsi della famiglia (intanto nel 1981 era nata Ivanka e nel 1984 Erik Frederick). Il marito però le chiese di occuparsi del restauro del Plaza Hotel, incarico per cui Ivana si conquistò il premio di miglior presidente di hotel del 1990.

Il successo dei Trump sembra essere arrivato al suo culmine, ma alla fine dell'anno iniziò il declino, personale ed economico. Cominciarono a circolare le voci di una relazione di Donald con Marla Maples, ed il New York Post pubblicò la notizia di una lite furiosa tra Ivana e l'ex miss Georgia sulle piste di Aspen. Si arriva così al divorzio del secolo, con Ivana che, rivendicando il ruolo avuto nella Trump Organization, chiede una porzione del patrimonio familiare ben maggiore di quella prevista dall'accordo firmato prima delle nozze.

Scoppia la "guerra dei Trump", con il miliardario che in tribunale contesta il fatto che Ivana abbia contribuito al suo impero. La saga, seguitissima dalla stampa scandalistica non solo americana, si conclude nel 1992 con un accordo, segreto nei contenuti, in base al quale Ivana riceve svariate decine di milioni di dollari ed altrettanti in beni immobiliari. Intanto, dopo gli anni degli eccessi dell'ottimismo reganiano, il nuovo decennio è iniziato all'insegna della recessione, con un netto declino del mercato immobiliare che investe l'impero di Trump il cui valore precipita da 1,7 miliardi a 500 milioni. Per rimanere a galla, si deve fare ricorso a massici prestiti.

Le cose migliorano a metà degli anni novanta, e nel 1997 Trump di nuovo dichiara un patrimonio di circa 2 miliardi di dollari. Riguardo però all'entità attuale del patrimonio di Trump, bisogna ricordare che molti esperti sostengono che il miliardario ha la tendenza a rappresentarsi più ricco di quanto sia, e sarebbe per questo che ancora non ha presentato le sue dichiarazioni dei redditi, contravvenendo a quello, che da Jimmy Carter in poi, è diventato un obbligo non scritto per i candidati presidenziali.

Tornando alla vita sentimentale di Trump, il magnate nel 1999 divorzia da Maples, che aveva sposato nel 1993 due mesi dopo la nascita della loro figlia. Subito dopo inizia la relazione con Melania Knauss, modella slovena diventata nel 2005 la sua terza, ed attuale, moglie. Madre del quinto figlio del miliardario, Baron William nato nel 2006, la 45enne Melania potrebbe, in caso di una vittoria elettorale del marito a novembre, diventare la nuova first lady americana.

Melania sarebbe la prima first lady, da tempi di Louisa Adams moglie di John Quincy Adams diventato presidente nel 1825, nata all'estero e naturalizzata americana. E, soprattutto, la prima ad aver posato, nella sua passata vita da modella, nuda per la copertina di una rivista. Senza contare che Trump sarebbe il primo ad arrivare alla Casa Bianca con una terza moglie al fianco: finora l'unico presidente divorziato, ma da un solo matrimonio, è stato Ronald Reagan.

Quello di Melania sarebbe solo uno degli aspetti 'pittoreschi' della Casa Bianca di Trump, come sottolineano ormai da mesi i sempre più allarmati molti commentatori americani che esattamente un anno fa avevano ironizzato sulla discesa in campo di Trump. Ed invece hanno assistito alla sua irrefrenabile ascesa - forse aiutandola con le loro critiche - fino alla nomination con una campagna tutta incentrata sugli attacchi agli immigrati, ai musulmani ed alle minoranze in genere.

"Ecco come il fascismo arriva in America, con un imbonitore televisivo, un miliardario fasullo, un caso da manuale di egomania che sfrutta risentimenti e paure popolari e con un intero partito politico che, per ambizione o cieca lealtà o semplicemente per paura, gli si è messo dietro" , ha scritto Robert Kagan, il famoso ideologo neocon che ha già annunciato che lui, repubblicano convinto, voterà per Hillary Clinton.

E ai trascorsi televisivi di Trump - che bisogna ricordare deve molto del suo successo anche politico al fatto che per 14 stagioni, a partire dal 2014, è stato il conduttore del reality "The Apprentice" - ha fatto più volte riferimento, in senso negativo, anche il presidente Barack Obama ricordando che le elezioni "non sono un intrattenimento, non sono un reality show, sono una competizione per la presidenza degli Stati Uniti, che è un lavoro serio".

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