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Mafia, maxiprocesso dei Nebrodi: condanne per oltre 600 anni

31 ottobre 2022 | 23.54
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101 imputati, 91 le condanne e 10 le assoluzioni. La lettura del dispositivo è durata quasi un'ora

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Condanne per complessivi 600 anni sono state emesse queste sera dal tribunale di Patti (Messina) nel maxiprocesso sulla mafia dei Nebrodi, che vede alla sbarra 101 imputati. La lettura del dispositivo del Presidente Ugo Scavuzzo è durata quasi un'ora. La pena più alta emessa nel processo riguarda Salvatore Faranda, condannato a 30 anni di reclusione. 91 in tutto le condanne emesse e 10 le assoluzioni.

"Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado". Così il Procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio dopo la lettura della sentenza. "E' stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no", aggiunge. Per il pm Di Giorgio "buona parte delle truffe contestate hanno retto, è stata riconosciuta l'esistenza del 640 bis, in alcuni casi aggravata. Sicuramente questo è un aspetto importante". Ma "è un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente".

"E' un momento importante perché questo paese ha bisogno di risposte, da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il suo dovere. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia", ha detto Giuseppe Antoci, in lacrime, subito dopo la lettura della sentenza . "Quest'aula stasera ha dato un segno di libertà - dice - ma anche di dignità. Queste condanne che mi addolorano, perché in fondo non è proprio una vittoria quando le persone vanno in carcere. La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione ma va fatta ogni giorno. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che la Commissione europea considera tra i più importanti".

"Rompiamo questo muro di silenzio. Così avremo sempre meno gente in tribunale, meno processi e meno forze dell’ordine che si devono occupare di queste cose. In fondo quando si leggono queste sentenze ci si rende conto che sono di dolore. Lo stesso dolore che ho provato io in questi anni con quella perdita di libertà che ho dovuto imporre alla mia famiglia con la quale abbiamo voluto comunque andare avanti. La mia famiglia mia ha detto noi ci siamo non ti fermare. è una frase che racconto a tutti i ragazzi che mi ascoltano", le parole di Antoci. "Quel noi non è solo della mia famiglia è un noi di un paese che vuole fare il proprio dovere. Questo paese tuttavia di simboli ed eroi ne ha già abbastanza. Se la gente denuncia avremo meno sentenze. Forse è solo un utopia ma non bisogna mai rinunciare ai sogni . Questa sera parte di questo sogno è diventato realtà", ha concluso.

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