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Meglio un robot di un politico? Per il 51% degli Europei sì

27 maggio 2021 | 13.28
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Altro che governo tecnico. Uno studio pubblicato in questi giorni ha rivelato che gli Europei sarebbero favorevoli a sostituire parte dei loro membri del parlamento con un algoritmo.

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Oltre 2700 persone di 11 paesi intorno al mondo hanno partecipato a una ricerca spagnola condotta dall’IE University Center for the Governance of Change. La domanda era: accettereste di ridurre il numero dei parlamentari dando parte dei seggi a un’intelligenza artificiale che abbia accesso a tutti i dati disponibili per legiferare?

I risultati mostrano che, nonostante tutti i limiti delle IA, il 51% degli europei intervistati sarebbe favorevole a una mossa di questo tipo. Morte della democrazia? Forse, o forse piuttosto una crisi di fiducia e un bisogno di sicurezze univoche. Secondo i ricercatori che hanno analizzato i risultati, la crescente polarizzazione della politica, l’aggregazione intorno ad argomenti divisivi, la manipolazione non troppo sottile delle informazioni da parte dei partiti - fenomeni diffusi e sempre più evidenti - hanno contribuito a spingere le risposte verso questo risultato. È interessante vedere come le percentuali variano da Paese a Paese, specchio come sono del rapporto tra cittadino e politica più che tra cittadino e tecnologia (anche se, ovviamente, i più entusiasti per il possibile cambiamento sono nella fasce di età under 45). E se in Italia è favorevole il 59% degli intervistati, in Spagna il 66%, il 56 in Estonia e addirittura il 75% in Cina. Nel Regno Unito, Stati Uniti e Germania vince il fronte del no. Sintomo non tanto di sfiducia verso le intelligenze artificiali, quanto di una migliore salute del sistema rappresentativo, o almeno della sua percezione.

“Il report cattura lo spirito dei tempi” ha commentato il direttore dello studio Oscar Jonsson “la percezione di tutti è che la politica stia peggiorando, e sia più lontana dai cittadini. I risultati non sono sorprendenti, considerando che praticamente nessuno ha più un qualche tipo di rapporto diretto con i propri rappresentanti politici”. E allora, ci si chiede, perché non affidare parte delle scelte a un’intelligenza algoritmica e imparziale, che sappia analizzare rapidamente tutti i dati e prendere la migliore decisione possibile? Certo, sempre con le dovute precauzioni. D’altra parte è uno scenario particolarmente amato e analizzato dalla fantascienza classica. Le prime due leggi della robotica dello scrittore Isaac Asimov hanno gettato le basi per le interazioni uomo-intelligenza artificiale anche nella realtà. La legge zero recita: “Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l‘umanità riceva danno”, e a questa fa da corollario la prima legge: “Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva un danno (purché questo non contrasti con la Legge Zero)”. Sono leggi degli anni Quaranta del secolo scorso, e anche se non mancano i tentativi di attualizzarle, sempre da lì bisogna partire. I limiti li abbiamo visti con le auto a guida autonoma, che ancora non hanno risolto il dilemma se proteggere i passeggeri a bordo o gli altri esseri umani che incontrano sul loro percorso in caso di rischio di collisione.

Ma i robot sono già da tempo dentro i nostri sistemi produttivi e dentro le nostre società e lo saranno ancora di più domani. Forse ci ruberanno il lavoro, ma saremo ben felici di farcelo rubare, e lasciarci anche espropriare del peso di scelte complesse. E come ipotizzato da Heinlein in La luna è una severa maestra, i computer lasciati a se stessi, o aggiornati ed espansi senza troppa attenzione, potrebbero diventare esseri senzienti e capaci di pensiero politico, come l’intelligenza artificiale Mike che, nutrito di tutta la dottrina politica ed economica terrestre, si fa capo e portavoce della vittoriosa rivolta dei lunatici contro i despoti rimasti sulla Terra.

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