Se la mensa scolastica diventa troppo cara gli alunni delle scuole elementari e medie possono portarsi il pranzo da casa e consumarlo durante la refezione. Come ricorda 'Studio Cataldi' è però compito dei singoli istituti e del comune trovare un accordo atto ad assicurare sia il servizio pubblico sia l'opzione "pasto domestico". A chiarirlo è la Corte d'Appello di Torino che con la sentenza 1049/2016 ha accolto l'impugnazione proposta da un gruppo di genitori. Un caso affatto isolato, visto che Italia sono molti i comitati che chiedono il riconoscimento del diritto al pasto portato da casa, evitando di sborsare cifre troppo esose per le famiglie.
In Piemonte sono stati 150 i genitori che hanno fatto ricorso al Ministero dell'Istruzione, provocando l'intervento della Corte d'Appello, che ha chiarito come il diritto all'istruzione primaria si identifichi un complessivo progetto educativo. Rimanere a scuola nel "tempo mensa" è un diritto, certo, ma dovere usufruire della refezione scolastica non può diventare un obbligo.
In prima battuta il tribunale aveva rigettato il ricorso dei genitori, precisando che costoro avrebbero potuto optare per l'orario strutturato sul modulo anziché per il tempo pieno, una scelta che, però, obbligherebbe il genitore a prendere il figlio prima della pausa pranzo e riportarlo a scuola successivamente e che lederebbe il diritto a partecipare al 'tempo mensa', segmento del progetto educativo complessivo. Da ciò l'affermazione della Corte territoriale secondo cui il diritto a "portare il panino da casa" deriva dall'ordinamento costituzionale prima ancora che da quello scolastico.
