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'Ndrangheta, operazione contro cosca a Reggio Calabria: 19 arresti

21 luglio 2014 | 08.47
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Nel mirino 19 soggetti ritenuti appartenenti al clan Borghetto-Zindato-Caridi. Emerso il ruolo centrale di una donna nell'applicazione di mutua assistenza attraverso la distribuzione dei proventi criminali ai familiari dei detenuti

INFOPHOTO - INFOPHOTO
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I carabinieri dei Comandi provinciali di Reggio Calabria e Roma stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di 19 soggetti ritenuti appartenenti alla cosca di 'ndrangheta Borghetto-Zindato-Caridi che opera nella zona sud della città di Reggio Calabria. I soggetti colpiti devono rispondere di associazione di tipo mafioso, traffico di droga, concorso in detenzione e porto in luogo pubblico di diverse armi da fuoco.

Le misure cautelari sono state emesse dopo due anni di indagine svolta dai carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria coordinata dalla direzione distrettuale antimafia. Secondo quanto è emerso la cosca applicava la mutua assistenza attraverso la distribuzione dei proventi criminali ai familiari dei detenuti per sostenere spese legali e di sopravvivenza. È stato accertato inoltre il ruolo centrale di una donna madre di due soggetti di vertice dell'organizzazione allo stato detenuti, la quale fungeva da punto di riferimento per gli affari della cosca.

Indagini nate da episodio lupara bianca - L'indagine, denominata Cripto, ha avuto inizio dopo la scomparsa di Marco Puntorieri, vittima di lupara bianca. Era stato condotto in un luogo appartato e poi ucciso, il suo corpo non è mai stato trovato. Per quel delitto sono stati condannati Domenico Ventura, Natale Cuzzola e Domenico Condemi, tutti organici alla stessa cosca. La scena del delitto venne ripresa da una telecamera istallata su un casolare abbandonato e da un'altra tenuta in mano da una persona che però è sempre rimasta sconosciuta. Qualche mese più tardi, le immagini furono recapitate alla caserma dei Carabinieri di Reggio Calabria Modena in una pendrive insieme a un biglietto anonimo firmato da "un amico di Marco".

Insieme alla rilettura delle conversazioni ambientali captate in un'indagine precedente della squadra mobile di Reggio Calabria si giunse a individuare i tre sospettati per l'omicidio. Di recente, è arrivata la loro condanna in primo grado.

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