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Open, Renzi in Procura: depositata memoria difensiva

15 dicembre 2021 | 13.47
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L'ex premier e leader di Italia Viva era accompagnato dai suoi legali

Fotogramma /Ipa
Fotogramma /Ipa

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, si è presentato questa mattina in Procura a Firenze, davanti ai pubblici ministeri dell'inchiesta sulla Fondazione Open, Luca Turco e Antonino Nastasi. L'ex premier era accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Federico Bagattini e Giandomenico Caiazza. Presente anche il procuratore capo Giuseppe Creazzo.

Renzi, indagato per finanziamento illecito ai partiti nell'ambito dell'inchiesta sul Open - considerata la 'cassaforte' renziana per realizzare la scalata al Pd e organizzare la kermesse della Leopolda - ha depositato una memoria difensiva, come previsto dalla procedura all'esito della notifica della conclusione delle indagini da parte della Procura.

La memoria difensiva depositata da Renzi, si conclude con la richiesta di archiviazione del procedimento visti i "gravi errori" commessi dalla procura nella sua ricostruzione. Tra le contestazioni dei legali mosse contro le ipotesi accusatorie, il difetto della qualifica di 'Direttore di fatto' della Fondazione Open "in capo al senatore Renzi così come la assoluta inesistenza della cosiddetta 'corrente renziana', determinano il venir meno delle premesse fattuali, logiche e giuridiche che sostengono la imputazione provvisoria a carico del nostro assistito".

In alternativa all'archiviazione del procedimento, gli avvocati Bagattini e Caiazza hanno richiesto alla procura di "espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi corrispondenza indebitamente acquisita senza il rispetto dell'articolo 68 Costituzione".

La difesa del leader di Iv chiede poi di "verificare quali spese asseritamente in favore del senatore Renzi siano state effettuate nel periodo compreso tra il febbraio ed il maggio del 2017, nel quale Matteo Renzi, diversamente da quanto affermato nel capo di incolpazione, non ha rivestito la carica di segretario nazionale del Partito Democratico, traendone le doverose conseguenze in relazione alla formulata imputazione provvisoria". Bagattini e Caiazza chiedono poi di "accertare e indicare quali e quanti siano i contributi indiretti di cui avrebbe beneficiato il politico Matteo Renzi nell'arco di tempo in cui può essere considerato oggetto di incolpazione e quale sia l'importo ad esso riferibile per ciascun anno".

Si chiede, quindi, di "accertare e indicare a quanti e quali consigli direttivi della Fondazione Open abbia partecipato il politico Matteo Renzi e quali attività gestorie o amministrative egli abbia assunto nel corso degli anni nella veste di 'direttore di fatto' della medesima fondazione, anche permettendo a questa difesa di accedere al copioso materiale di archivio consegnato spontaneamente agli investigatori dal presidente della Fondazione, avvocato Alberto Bianchi, non utilizzato dai medesimi e non ancora dissequestrato per consentire le doverose indagini difensive sul punto".

I difensori di Renzi chiedono inoltre di "espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi riferimento all'asserito finanziamento illecito per le iniziative della cosiddetta Leopolda sulla quale si è già formato un giudicato parziale, essendosi espressa la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, il 26 maggio 2021, numero 29409, definendo 'dato storico, ampiamente documentato' il fatto che gli eventi della Leopolda fossero 'incontri a carattere eminentemente politico, con programmazione di numerosi laboratori, eventi di discussione, occasioni di partecipazione della società civile, diretti a stimolare il confronto su temi oggetto delle attività espressamente previste dallo Statuto della fondazione, senza peraltro alcun collegamento con le attività del Partito Democratico'".

E' "inesistente il ruolo di 'direttore di fatto' della Fondazione Open in capo al senatore Matteo Renzi", si legge ancora nella memoria difensiva. "Occorre contestare l'affermazione secondo cui il senatore Matteo Renzi sia stato il 'direttore di fatto' della Fondazione Open. Dagli atti di investigazione non emerge alcun comportamento gestorio, di amministrazione, di direzione tecnica, di controllo posto in essere dal senatore Matteo Renzi, il quale non ha mai neppure partecipato ad un Consiglio direttivo della Fondazione Open - si legge nella memoria difensiva - Affermare, dunque, che il senatore Matteo Renzi ha diretto la Fondazione Open risulta un modo surrettizio per inserire capziosamente il senatore Matteo Renzi nell’indagine e segnatamente nel perimetro della contestazione di cui agli artt. 7 legge n. 195/1974 e 4 legge n. 659/1981".

Secondo la memoria, i pm della procura di Firenze hanno attribuito "erronee qualifiche soggettive" a Renzi, "tutte rilevanti ai fini della plausibile formulazione della incolpazione provvisoria". "La lettura degli atti del fascicolo delle indagini preliminari, così come il capo di incolpazione contenuto nell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., evidenzia plurimi e gravi errori nell’individuazione – e conseguente indicazione – dei ruoli ricoperti all’interno del Pd dagli indagati Renzi, Lotti e Boschi. Da tali errori prende corpo l'altrettanto errata applicazione dell'art. 4 legge n. 659/1981. Si tratta di ruoli, quelli ricoperti all'interno del Partito Democratico, formalizzati con decisioni assunte con metodo democratico come si conviene ai partiti politici ex art.49 Costituzione e di evidenza pubblica".

In particolare, li pm avrebbero indicato il senatore Matteo Renzi come "segretario nazionale del Partito Democratico anche in un periodo in cui egli non lo era (dal mese di febbraio a quello di maggio del 2017)". La deputata Maria Elena Boschi sarebbe stata indicata come "componente della segreteria nazionale del Partito Democratico' dal 15.12.2013 al 19.02.2017 quando in realtà ella lo è stata solo fino al mese di febbraio 2014 e come 'coordinatrice nazionale della segreteria nazionale' ruolo che ella non ha mai ricoperto".

Il deputato Luca Lotti viene indicato negli atti di indagine come "'componente della segreteria nazionale del Partito Democratico dal 15.12.2013 al 19.02.2017' quando in realtà lo è stato da una data precedente (segreteria Epifani nel 2013) e solo fino al momento in cui è stato chiamato ad esercitare la funzione di sottosegretario di Stato nel marzo 2014".

"I gravi e rilevanti errori nella definizione dei ruoli ricoperti all'interno del Partito Democratico non riguardano solamente gli indagati ma anche altri soggetti menzionati nelle indagini - scrivono i difensori di Renzi - In particolare, si segnala come al ministro della Repubblica Italiana, professoressa Elena Bonetti, sia stato erroneamente attribuito il ruolo di 'componente della segreteria nazionale del Pd' nel settembre 2019 periodo nel quale la suddetta professoressa Bonetti non faceva più parte della segreteria nazionale guidata allora da Nicola Zingareti".

Di questi errori gli avvocati Bagattini e Caiazza chiedono ai pm "dunque di prenderne atto, ponendo immediato rimedio a quei gravi errori contenuti negli atti di indagine e riversatisi nel capo di imputazione provvisoria circa l'indicazione delle 'qualità' degli indagati. La rilevanza della obiezione è del tutto evidente, rilevato che si tratta di qualificazioni necessarie per ritenersi astrattamente integrato il delitto di cui agli artt. 7 legge 195/1974 e 4 legge n. 659/1981".

E ancora, secondo la memoria, tra gli errori commessi dai pm di Firenze c'è anche quello a proposito "dell'inquadramento del sostegno della Fondazione Open al referendum costituzionale del 4/12/16 come finanziamento illecito dell'allora segretario nazionale del Pd Matteo Renzi".

"E' radicalmente erronea anche l'affermazione, contenuta negli atti di indagine e riproposta nel capo di imputazione provvisorio ex art. 415-bis c.p.p., secondo cui le contribuzioni destinate al sostegno del referendum del 4/12/16 siano state in realtà un finanziamento illecito all’allora segretario nazionale del Pd Matteo Renzi - scrivono i difensori del leader di Italia Viva - A ben vedere, infatti, il referendum costituzionale aveva una portata ampia e trasversale, con la modifica di numerosi articoli della Costituzione, in alcun modo inscrivibile nelle logiche o iniziative 'di partito' né tantomeno 'di corrente' ed ancor meno 'del singolo politico'. I numerosi comitati 'per il sì' (sorti su tutto il territorio del Paese) sono stati sostenuti economicamente, dai soggetti più eterogenei quanto a natura giuridica, estrazione culturale, inquadramento o riferimento politico. In modo speculare i sostenitori del No hanno visto una partecipazione ampia di soggetti della società civile – ivi compresi correnti della magistratura, esponenti del Partito Democratico, associazioni, testate internazionali come 'The Economist', autorevoli esponenti del mondo del giornalismo. Si è trattato dunque di una discussione autentica, trasversale, civile nel Paese che aveva al centro il valore più importante per una comunità: la carta costituzionale".

"Definire il finanziamento alla campagna referendaria come iniziativa di una singola corrente, di un singolo partito - si legge nella memoria difensiva di Renzi - significa ignorare la portata storica di una riforma che aveva superato ben sei letture parlamentari con maggioranza trasversale e aveva profondamente appassionato l’intera opinione pubblica italiana tanto da verificarsi una affluenza straordinaria per un referendum costituzionale. Si contesta, pertanto, radicalmente la possibilità di inquadrare le contribuzioni effettuate dalla Fondazione Open al Comitato 'Basta un sì' come finanziamento illecito al politico Matteo Renzi".

Ai pm della procura di Firenze, Renzi contesta anche l'idea che possa essere esistita all'interno del Pd una corrente direttamente a lui riferibile. "Inesistenza di qualsivoglia 'corrente renziana'" è infatti il titolo di uno dei paragrafi della memoria difensiva.

"È profondamente errata anche l'affermazione circa l'esistenza di una 'corrente renziana' interna al Partito Democratico - scrivono i legali di Renzi - Si tratta di un autentico sproposito dal punto di vista politico, reso ben più grave per essere contenuto e ribadito negli atti di una indagine penale, ove non può essere consentita una simile, grossolana ed arbitraria mistificazione della realtà, tanto più se tale sorprendente artefazione costituisce la pre-condizione logica e giuridica della pretesa rilevanza penale dei fatti contestati".

"Infatti è di dominio pubblico (numerose le interviste, i discorsi, gli articoli sul punto) il fatto che il senatore Matteo Renzi non ha mai creato una propria corrente, anzi ha sempre avversato una tale logica - si legge nella memoria difensiva - Numerose e ripetute sono le circostanze in cui egli rifiuta la costituzione di una propria corrente al punto da dichiarare in più sedi: 'prima di strutturare una corrente del Pd, lascio il Pd e faccio un partito diverso'. Cosa che poi è oggettivamente avvenuta. Negli atti dell’indagine non è stata allegata nessuna delle plurime prove e testimonianze del rifiuto dell’allora segretario del Pd di voler costituire una corrente ma anzi si è deliberatamente scelto di ignorarle. D’altro canto, non si è mai dato, nella esperienza politica repubblicana, che un leader politico abbia strutturato una corrente, negando al contempo la sua esistenza, ed anzi teorizzando l’avversione al sistema correntizio interno ai partiti, come ha sempre pubblicamente fatto il senatore Renzi".

Per gli avvocati di Renzi, i pm fiorentini "dovranno allora chiarire, specificando in tal modo una imputazione altrimenti del tutto indeterminata, quali siano i criteri e le circostanze di fatto in base a cui hanno ritenuto esistente una 'corrente renziana'".

I pm della procura di Firenze "mostrano di ritenere, all'evidenza, che sarebbe a tal fine sufficiente la condivisione di comuni idee e programmi politici da parte di più parlamentari, ma allora occorrerà chiarire non solo quali esse siano, ed in quali termini e perchè esse siano tali da qualificare quei parlamentari come costitutori di una corrente, nel senso politico proprio che da sempre si è attribuito a tale fenomeno; ma avranno anche l’onere di ricostruire storicamente la costituzione di tale corrente, indicando fatti storici, luoghi, eventi ed occasioni che ne autorizzino una così categorica affermazione, decisivamente rilevante ai fini della fattispecie delittuosa in contestazione".

"Basterà al riguardo considerare che esponenti politici di primo piano quali Paolo Gentiloni e Lorenzo Guerini, che a seguire la stravagante ipotesi accusatoria dovrebbero ritenersi, per la ripetuta convergenza di opinioni ed iniziative politiche con il senatore Renzi, esponenti di vertice della presunta 'corrente renziana' (e per essere stati da lui direttamente designati ai vertici delle Istituzioni e del partito) non hanno mai versato alcunché e che più in generale molte altre fondazioni sono state nel tempo - e ancora oggi - destinatarie di contribuzioni da parte di parlamentari o esponenti politici, senza che questo abbia mai autorizzato a ritenere che ciò rappresentasse atto di adesione ad una 'corrente' di partito, soprattutto considerando che tali contribuzioni sono libere, e non predeterminate da regole o imposizioni di qualsivoglia natura", conclude sul punto la memoria difensiva dell'ex presidente del Consiglio.

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