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Pakistan: 'governo riporti a casa Lo Porto', appello per cooperante rapito

21 febbraio 2014 | 17.50
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''Giovanni e' vivo e deve tornare a casa: occupatevene. Il nuovo governo metta in agenda la questione''. E' l'appello che Fabrice Calabrese, amico del cooperante umanitario Giovanni Lo Porto, rapito due anni fa in Pakistan, lancia al governo italiano, tramite l'Adnkronos. Il giovane volontario di Palermo, 38 anni, fu sequestrato il 19 gennaio 2012 da quattro uomini armati con il suo collega tedesco Bernd Muehlenbeck, 59 anni, vicino a Multan, nel nord del Pakistan. Lavoravano entrambi per la ong Weul Hnger Hilfe. Da allora le loro tracce si sono perse nel deserto.

''Due anni con un muro di silenzio sulla vicenda sono strazianti'', spiega Calabrese, parlando a nome di tutti gli amici di Lo Porto che dal giorno del rapimento, e con il sostegno della famiglia del cooperante, tengono accesi i riflettori sul caso. ''Di Giovanni si parla poco'', sottolinea, ''vogliamo chiarezza. La chiedono i familiari ma anche la societa' civile, come dimostra l'appello -che ha gia' raccolto oltre 50.000 firme- sul sito www.change.org, poi consegnate con due lettere al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e alla presidenza del Consiglio. La madre di Giovanni ha scritto anche a Papa Francesco'', prosegue Calabrese, mentre su twitter rimbalza l'hashtag #vogliamogiovannilibero.

''Sul caso Lo Porto -rimarca- chiediamo risposte immediate. Occorre la collaborazione dell'Europa per risolvere questa vicenda, soprattutto della Germania. Confidiamo molto nell'attivita' del Comparto Intelligence italiano, in particolare dell'Aise''. (segue)

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