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Partito comunista cinese riabilita il golf: giocare non è un crimine

14 aprile 2016 | 14.27
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I fanatici del fairway in Cina possono tirare un sospiro di sollievo: giocare a golf non è un crimine. Lo ha decretato il partito comunista cinese, dopo che lo scorso anno, nell'ambito della campagna anti-corruzione del presidente Xi Jinping, aveva approvato un nuovo regolamento che prevedeva, tra le altre cose, il divieto per gli 88 milioni di membri del Pcc di frequentare palestre e golf club.

Il primo a dichiarare guerra allo sport con la mazza fu Mao Zedong, il fondatore della Repubblica Popolare Cinese, che definì il golf uno “sport per milionari”, durante il quale politici e imprenditori stringono loschi accordi. Ciononostante tra gli anni '80 e '90 si diffuse rapidamente tra gli uomini ricchi e potenti, al punto che nel 2004 il governo cinese ordinò di fermare la costruzione di nuovi campi. Molti costruttori aggirarono tuttavia le leggi e nella primavera scorsa il governo ha annunciato la chiusura di 66 prati a buche realizzati illegalmente.

Ora i leader del partito sembrano aver fatto marcia indietro. "Dal momento che è solo uno sport, non c'è nulla di giusto o sbagliato nel giocare a golf", si legge in un articolo del giornale ufficiale dell'agenzia anti-corruzione cinese, facendo riferimento all'articolo 87 del regolamento disciplinare del partito comunista, che si occupa di potenziali pene per il possesso illecito di tessere da golf.

"I funzionari possono giocare a golf mentre la nazione intensifica gli sforzi per reprimere la corruzione e promuovere l'austerità?", si è chiesto il China Daily. "La risposta è sì. Se pagano di tasca propria". "Giocare a golf per sé stessi non è un male," ha confermato il giornale.

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