cerca CERCA
Venerdì 26 Aprile 2024
Aggiornato: 19:07
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Governo: Pennacchi, da Renzi mi aspetto una 'botta' al Paese

05 novembre 2014 | 15.09
LETTURA: 4 minuti

Lo scrittore, appena tornato sugli scaffali con "Camerata Neandertal", afferma "voto Renzi ma non mi piace" e aggiunge che "oggi sembra storicamente necessitato". Quanto alla crisi economica, il vincitore del Premio Strega 2010 afferma che "i figli e i nipoti dei capitani d'industria che hanno fatto il miracolo economico hanno azzerato la base produttiva del Paese. In Italia, non produciamo più niente, hanno chiuso tutte le nostre fabbriche".

Antonio Pennacchi  - (Infophoto)
Antonio Pennacchi - (Infophoto)

"Voto Renzi ma non mi piace. Non ci sono soluzioni e non ci sono alternative. Oggi sembra storicamente necessitato. Anche il patto con Berlusconi non mi piace, ma è storicamente necessitato. E poi una volta che Renzi ha fatto il patto con Berlusconi, lo faccia bene dando una 'botta' al Paese. Per cosa abbiamo fatto il patto? Per togliere il Senato? Una riformicchia". Parola di Antonio Pennacchi, premio Strega 2010, ora in libreria con "Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari" pubblicato da Baldini e Castoldi, che, conversando con l'AdnKronos, passa dai fantasmi del suo libro alla situazione dell'Italia in questo periodo di crisi economica.

Un periodo che, per Pennacchi, è attraversato da veri e propri "fantasmi" che sembrano minare la crescita del Paese: "Nel mio libro - spiega- parlo dei morti e dei fantasmi che sento, tra i quali Ajmone Finestra, ragazzo di Salò e per 36 anni Federale (dell'Msi, ndr) di Latina, e il paleontologo Alberto Carlo Blanc. Nelle loro storie il passato, il presente e il futuro si tengono insieme. I fantasmi che oggi, invece, attraversano l'Italia sono quelli della deindustrializzazione e della borghesia produttiva che invece è diventata una borghesia improduttiva".

"I figli e i nipoti dei capitani d’industria che fecero il miracolo economico e la modernizzazione - dice ancora Pennacchi- nel giro di 20 anni hanno completamente azzerato la base produttiva del Paese". In Italia, "non produciamo più niente. Hanno chiuso tutte le nostre fabbriche, non si fanno più automobili, non facciamo più nulla. E -osserva lo scrittore- non è colpa della globalizzazione o del costo del lavoro. Noi abbiamo un costo del lavoro più basso rispetto alla Germania, alla Francia o all’Inghilterra. E lì le fabbriche se le sono tenute".

Il problema, per Pennacchi, è che in Italia il ceto imprenditoriale "non è stato più capace di fare impresa". L’Italia, rimarca, è caratterizzata da molti nodi irrisolti, a cominciare da quello "con il Fascismo. Abbiamo inoltre un nodo irrisolto con la storia antica che prosegue nella contemporaneità. E poi siamo terrorizzati da quelli che migrano verso da noi. Ma contemporaneamente i nostri figli ricominciano ad emigrare verso l’estero".

Riflessioni amare, quelle di Pennacchi, che con sconforto parla anche della 'sua' Latina: "Vorrei tornare in fabbrica (ha lavorato per oltre 30 anni all'Alcatel Cavi, ndr) e vorrei soprattutto che, passandoci davanti, funzionasse ancora. Invece me l’hanno chiusa. A Latina hanno chiuso tutto. L’unica cosa che c’è ancora è la calce e i mattoni, ovvero le speculazioni edilizie".

Amarezza che, in fondo, si riflette anche nell’attività di scrittore che "mi costa tanta fatica. Il poeta Sergio Corazzini – ricorda Pennacchi- dice: 'tu mi dici poeta. Io non sono un poeta, sono solo un fanciullo che piange'. Avrei voluto essere amato da piccolo. Se fosse stato amato da piccolo probabilmente non avrei scritto alcun libro. Si scrive anche per ossessione", conclude.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza