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Federalimentare lancia il suo appello al nuovo Governo, per sostenere il settore e rilanciare i consumi

Per 6 italiani su 10 l'alimentare è il vero simbolo del made in Italy

05 maggio 2014 | 12.27
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Per 6 italiani su 10 l'alimentare è il vero simbolo del made in Italy

E' l'alimentare il vero simbolo del made in Italy ma la crisi si fa sentire, calano i consumi interni del 4% nel 2013 e in 10 anni chiudono 12mila microimprese. Per quasi 6 italiani su 10 l'industria alimentare è infatti il settore che ci rappresenta di più al mondo, meglio di moda, design e automobili. È la percezione fotografata dalla ricerca "Gli Italiani e l'alimentazione", condotta da Doxa per Federalimentare su un campione di 1000 persone rappresentativo della popolazione italiana adulta (sopra ai 15 anni).

In questa speciale classifica sull'italianità, che Federalimentare rende nota in occasione di 'Cibus' 2014, l'alimentare (57%) ''doppia'' il settore della moda (27%) e, a distanza ancora maggiore, altri capisaldi come l'automobilistico (7%), le calzature (7%) e il comparto dei mobilie del design (3%). Ma c'è di più: alla domanda su quale sia il settore che ha investito maggiormente in sostenibilità ambientale, il giudizio degli italiani non cambia, con l'alimentare (54%) ancora primo, e di gran lunga, su tessile e moda (13%), automobili (8%), calzature (7%) e arredo e design (6%).

Federalimentare da 'Cibus' lancia il suo appello al nuovo Governo, per sostenere il settore e rilanciare i consumi: no a tasse, accise e demagogie sull'identità del made in Italy alimentare. L'immagine dell'industria alimentare è forte e la fiducia degli italiani verso il settore resta alta, nonostante una crisi che inizia a pesare sull'integrità del settore produttivo e continua ad erodere i consumi.

Il riconoscimento di questo primato arriva però in un momento difficile di recessione dei consumi (per 7 italiani su 10 borsa della spesa più leggera e attenta agli sprechi), con la crisi che inizia ad intaccare la tenuta del settore e lo stesso export che, anche se ancora positivo nel 2013 (+5,8%), dimezza la sua crescita rispetto al 2010-2011 e apre "piatto" nel 2014.Anche nella crisi, l'immagine dell'industria alimentare italiana tra i nostri connazionali resta positiva, su livelli analoghi (o superiori) rispetto a dieci anni fa.

Secondo la ricerca Doxa-Federalimentare, circa 7 italiani su 10 (71%, con punte dell'81%, nelle famiglie con bambini al di sotto dei 14 anni) dichiarano di aver fiducia nei confronti della qualità dei prodotti alimentari industriali che portano in tavola - dato allineato a quelli riscontrati dal Monitor Doxa di 10-12 anni fa con simile metodologia.

E cresce leggermente - passando dal 62% al 65% nello stesso arco di tempo - la fiducia percepita dagli italiani versoi controlli fatti dalle aziende alimentari sui cibi, dato chenelle famiglie con bambini sotto i 14 anni arriva al 75%.

Circa 1 italiano su 3 si dichiara più attento agli sprechi (il 37%) e va al supermercato meno spesso (34%), facendo un po' di scorte quando ci sono le offerte. Per una spesa più consapevole e attenta al risparmio, il 22% diversifica i luoghi di acquisto, andando di volta in volta in tipologie diverse di negozi (supermercato, discount, mercatino, ecc.), mentre il 17% ha semplicemente ridotto le dosi.

Analoghe percentuali per quanti (il 15%) risparmiano sull'acquisto dei prodotti tipici "perché costano di più" e chi (13%) ha riscoperto il piacere degli alimenti e delle ricette più semplici. Ma c'è anche un 5%, in proiezione circa2-3 milioni di persone, che ammette di non badare troppo alla scadenza e di usare i prodotti alimentari anche oltre la data di consumo consigliata.

Spendiamo di meno e in minor quantità, ma siamo sempre più attenti a cosa mettiamo nel carrello della spesa: tutti, o quasi (91%) leggono le etichette al momento dell'acquisto, sempre (64%) o spesso (27%); minore (75%) è la percentuale di quanti le ricontrollano quando tolgono il prodotto dal frigo o dalla dispensa. L'informazione più interessante? Per 1 italiano su 2 (45%) è la data di scadenza. Seguono ingredienti (16%) e luogo di produzione (14%), mentre solo 1 italiano su 10 (10%) considera rilevante l'origine delle materie prime.

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