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Permessi retribuiti, tutto quello che c'è da sapere

23 agosto 2018 | 07.24
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Come è noto il dipendente in alcune giornate può astenersi dall'attività lavorativa, presentando una motivazione valida. Può assentarsi, ad esempio, nel caso in cui sia affetto da una malattia, percependo quindi l'indennità riconosciuta dall'INPS oppure in seguito a un lutto. Tuttavia può non andare al lavoro anche per semplici motivi personali e senza perdere lo stipendio: ci sono dei permessi, infatti, che consentono al dipendente di non prestare l'attività giornaliera, mantenendo comunque la retribuzione.

Tra i permessi per motivi personali retribuiti ci sono i ROL, permessi riconosciuti per la riduzione dell'orario di lavoro, di cui il dipendente matura in base alle mansioni svolte un certo numero di giorni ogni anno. Non esiste, però, un monte ROL minimo previsto dalla legge. Si tratta, infatti, di un istituto di fonte contrattuale, poiché sono i singoli CCNL a determinare il monte permessi complessivo oltre alle modalità di utilizzo da parte del dipendente.

La regola generale però vuole che i ROL siano riconosciuti solamente nel caso di impiego full-time. È sempre la contrattazione collettiva a stabilire le tempistiche entro le quali questi devono essere goduti e i termini per la monetizzazione nel caso in cui non lo fossero. A differenza delle ferie, infatti, il lavoratore può rinunciare a usufruire dei ROL maturati decidendo di monetizzarli allo scadere di un anno (o due a seconda del CCNL di riferimento) dalla loro maturazione.

Quindi se volete sapere quanti ROL maturate ogni anno per il vostro impiego dovete fare riferimento al CCNL del settore di appartenenza. In alternativa potete consultare il monte permessi retribuiti a vostra disposizione semplicemente leggendo la busta paga dell'ultima mensilità, dove i ROL residui sono indicati nella parte bassa, vicino allo spazio dedicato alle ex festività.

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