Spiagge, Meritocrazia Italia: "Su prezzi, concessioni e accesso servono fatti"

Mauriello, 'siamo un Paese con oltre 8.300 chilometri di coste e una superficie complessiva di spiagge pari a soli 120 chilometri quadrati: un bene scarso, prezioso, fragile'

Spiagge, Meritocrazia Italia:
23 agosto 2025 | 15.28
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''C’è un’immagine che racconta bene l’Italia di oggi: la risacca che cancella le impronte sulla battigia, mentre file ordinate di ombrelloni restano vuote. È il simbolo di una contraddizione che non possiamo più eludere. Siamo un Paese con oltre 8.300 km di coste e una superficie complessiva di spiagge pari a soli 120 km²: un bene scarso, prezioso, fragile. Su questo bene raro, negli anni si sono addensati problemi di prezzo, regole e accesso''. Lo sottolinea in una nota il presidente nazionale di Meritocrazia Italia, Walter Mauriello.

''Nel 2025, il costo settimanale di un ombrellone e due lettini sulle spiagge italiane è aumentato del 5% rispetto all'anno precedente e del 17% rispetto al 2021, raggiungendo una media di 212 euro. La località più costosa è Alassio, con una media di 340 euro a settimana, seguita da Gallipoli (295 euro), Alghero (240), Viareggio (217) e Taormina (204), mentre Rimini e Lignano sono tra le meno care, intorno ai 150-154 euro settimanali - aggiunge - Attenzione a non seguire retoriche mediatiche che parlano di 100 euro al giorno o più: non sono indicative del trend nazionale e si riferiscono a contesti molto specifici e di lusso, spesso legati a servizi aggiuntivi esclusivi, come quelli di località come Positano o Capri, e includono non solo l’ombrellone ma anche il parcheggio, i lettini e l'accesso ai servizi offerti dallo stabilimento, quali pranzo à la carte, piscina ecc.''.

''Il quadro normativo è chiaro: il mare, il lido e la spiaggia appartengono al demanio pubblico; l’accesso e il transito fino alla battigia (la fascia antistante il mare) sono sempre liberi e gratuiti e vanno garantiti anche davanti agli stabilimenti - continua - La prassi operativa richiama il mantenimento di cinque metri liberi (tre metri sulle spiagge strette) per consentire passaggio e soccorsi. Sono diritti e obblighi sanciti dal Codice civile e dalla normativa nazionale''.

''Sul versante delle concessioni resta un nodo storico: canoni spesso disallineati al valore economico dell’uso (segnalato più volte dall’Autorità Antitrust) e un sistema che in molte aree ha prodotto un’occupazione intensa della costa sabbiosa - spiega Mauriello - Stime Legambiente (ultimo dato completo aggregato disponibile) indicavano già nel 2021 oltre 12mila stabilimenti e circa il 43% della costa sabbiosa occupata da concessioni balneari e altre strutture; i rapporti successivi continuano a segnalare pressione ed erosione nelle aree costiere''.

''Il contesto ambientale non aiuta: consumiamo costa naturale ogni anno e l’erosione si somma agli eventi meteo estremi - prosegue - L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha documentato l’artificializzazione crescente dei litorali, e la comunità scientifica chiede di trattare le spiagge come infrastrutture verdi di protezione costiera, non solo come luoghi di consumo. Va ricordato che chi gestisce uno stabilimento balneare non acquista la spiaggia, ma usufruisce di una concessione demaniale, che ha un costo e dovrebbe essere regolata in modo trasparente e competitivo, nell’interesse generale''.

''L’aumento dei costi balneari non è solo effetto della domanda, ma anche del calo del potere d’acquisto delle famiglie e dell'incertezza normativa sulle concessioni demaniali - sottolinea - La frammentazione delle competenze tra Stato, Regioni e Comuni genera conflitti di interesse e rallenta le gare, frenando gli investimenti e alimentando rincari. Una soluzione passa per bandi centralizzati, trasparenti e di lungo periodo, con una maggiore partecipazione dello Stato nella gestione, così da garantire certezza agli operatori e benefici per la collettività. Il tema non riguarda solo il mare. La stessa deriva tutto e subito sta travolgendo le terre alte: rifugi sotto pressione, code agli impianti, maleducazione diffusa e perfino episodi di vandalismo. Quest’estate, casi emblematici in Dolomiti (Seceda e non solo) hanno riacceso il dibattito su limiti, accessi e capacità di carico; un segnale di un turismo che, se non governato, degrada i luoghi che ama''.

Meritocrazia Italia ha più volte richiamato ''responsabilità, legalità e cura dei beni comuni, chiedendo equilibrio tra sviluppo e tutela, accesso e qualità, con una cultura dell’uso sostenibile. È da qui che partiamo per proporre un cambio di passo. Cosa chiediamo, con urgenza pragmatica: trasparenza totale su prezzi e servizi, accesso alla battigia garantito, Concessioni: valore pubblico, gare vere, Quote di spiagge libere e qualità diffusa, Benchmark europeo: prendere il meglio, subito, Montagna e natura: stesso principio, regole chiare''.

Meritocrazia Italia propone ''una campagna nazionale con scuole, imprese balneari e Club alpino italiano, dall’Adriatico alle Alpi: Rispetta, paga il giusto, lascia pulito''. ''La qualità delle acque italiane, eccellenti per oltre il 95% dei litorali monitorati, va difesa con comportamenti all’altezza - conclude - Spiagge, montagne, laghi e boschi sono beni comuni: vanno gestiti con criteri di merito, trasparenza e responsabilità. Chiediamo al Governo e alle Regioni un tavolo operativo con i Comuni costieri e le categorie per trasformare queste proposte in atti amministrativi e bandi tipo entro la prossima stagione. Nessuna guerra a stabilimenti: al contrario, più qualità, più equità, più regole chiare, perché tutti possano godere del mare e della natura senza svuotare il portafoglio né impoverire i luoghi''.

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