Un repulisti del ministero del Tesoro, ovvero una "bonifica che prima o poi toccherà fare" su una struttura "che rischia di bloccare il paese". Il mirino del M5S si sposta sul Mef, dopo aver apparentemente ricucito lo strappo con il titolare del dicastero, Giovanni Tria. "Non c'è nessuna rottura tra noi, come Movimento 5 Stelle, e il ministro dell'Economia, Giovanni Tria", spazza dal campo da dubbi e sospetti il vicepremier Luigi Di Maio. Ma nel Movimento -riferiscono fonti accreditate all'Adnkronos- tornano le voci della volontà di intervenire sugli uffici del il ministero, di fronte alla "resistenza" nel trovare i 10 miliardi necessari per far partire il reddito di cittadinanza. Uno spoil system 'chirurgico', "che colpisca chi finisce per ledere l'operato di governo e Movimento", è la convinzione.
I tempi per intervenire, viene spiegato, al momento non ci sono, ma a partire dall'anno prossimo "toccherà capire chi fa cosa e come" nel superministero di via XX Settembre, si ragiona nei piani alti del Movimento. Perché "le logiche sono sempre le stesse, un po' come in Rai: prima di bonificare viale Mazzini dal Pd ci vorrà del tempo, ma il problema del Mef è che si rischia di tenere bloccato un intero Paese".
Tra i parlamentari, poi, è forte la convinzione che i 10 miliardi per dare il la alla misura cavallo di battaglia del Movimento siano in realtà 'spiccioli', "l'1% del fabbisogno dello Stato", fanno i conti alcuni deputati richiamando alla memoria i famosi '80 euro' del governo Renzi: "quando si vuole i soldi si trovano. Ma qui manca la volontà", l'accusa che rimbalza tra i 5 Stelle.
Ad avvelenare il clima ci sarebbe soprattutto la presunta mancanza di collaborazione nel trovare i fondi necessari ad avviare il reddito di cittadinanza. Chi, tra i 5 Stelle, ha avuto a che fare con via XX Settembre racconta: "Si limitano a dire 'non ci sono soldi', mentre dovrebbero darsi da fare per trovarli, tirare fuori le carte, capire dove andare a prendere le risorse".
La volontà del Movimento è dunque quella di "entrare più dentro il Mef", che per ora viene descritto come un castello arroccato. C'è chi racconta all'Adnkronos che per accedere a conti e carte la sottosegretaria al Tesoro Laura Castelli abbia dovuto addirittura chiedere l'intervento del premier Giuseppe Conte. E anche da qui che si fa spazio la volontà di 'purificare' il dicastero, passando sotto la lente di ingrandimento ruoli, incarichi e operato degli apicali.
Una tentazione già emersa nel luglio scorso, quando Di Maio denunciò l'intervento di una 'manina' nella relazione tecnica del dl dignità. Anche all'epoca si era parlato della volontà di 'fare pulizia' al Mef e in Ragioneria dello Stato.