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Russiagate, cosa rischia Trump?

31 ottobre 2017 | 12.13
LETTURA: 4 minuti

MUST CREDIT: Washington Post photo by Jabin Botsford - The Washington Post
MUST CREDIT: Washington Post photo by Jabin Botsford - The Washington Post

I detrattori ci sperano. I suoi elettori provano a metterlo in guardia, manifestando malcontento tramite i sondaggi. Ma sanno, in fondo, che rimuoverlo dalla Casa Bianca è tutt'altro che semplice. A pochi giorni dal primo anniversario della vittoria elettorale, con la riesplosione del Russiagate, per Donald Trump è tornata a riaffiorare l'ipotesi di impeachment. Ma cosa rischia il presidente? E quanto è concreta la sua rimozione?

Per la prima volta dallo scandalo che travolse Nixon nel 1974, le fondamenta della Casa Bianca sono tornate a scricchiolare, soprattutto dopo che ieri Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Trump e Rick Gates, suo braccio destro, sono stati incriminati con 12 capi d'accusa, tra cui quello di aver cospirato contro gli Stati Uniti. Finito da subito nel mirino degli investigatori del capo dell'Fbi Robert Mueller, anche per le sue sospette consulenze all'ex presidente filorusso ucraino Viktor Yanukovych, Manafort rischia ora di scoperchiare il vaso di Pandora sulle possibili collusioni della campagna elettorale con il governo russo.

Trump però non sembra intimorito. Al contrario. Va ripetendo che tra la sua campagna elettorale e la Russia non c'è stata alcuna collusione. Così come l'avvocato del presidente, Jay Sekulow, che alla 'Cnn' ribadisce di non essere preoccupato per la vicenda. E' "completamente convinto", dice, che non ci siano né collusioni né ostruzioni. E se i fedelissimi sembrano fargli da scudo, i meno convinti tornano a invocare a gran voce la rimozione di 'The Donald'. Parlare di impeachment, tuttavia, sembra fuori questione. Ci sono poche probabilità che la procedura venga avviata, e che in caso di condanna prevede la rimozione dall'incarico.

Oltre a essere tortuoso, il percorso necessario a provare un crimine difficile da verificare, come nel caso di Trump, appare assai remoto. La Costituzione americana prevede tre casi per attivare l'impeachment: tradimento, corruzione e "altri gravi crimini e misfatti". Uno dei principali problemi della procedura è la definizione degli illeciti, ed è su questo argomento, che nascono spesso controversie.

E' da scartare anche l'alternativa prevista dalla Costituzione americana, il 25esimo emendamento, che consente di rimuovere il presidente senza che sia necessario elevare accuse precise nei suoi riguardi. I repubblicani, inoltre, hanno la maggioranza sia alla Camera che al Senato ed è improbabile che provino ad affossare Trump invocando una delle due procedure.

Nonostante il caso Russiagate continui ad arricchirsi di nuovi elementi, c'è anche chi sostiene che rimuovere Trump non sarebbe la soluzione più adatta. Come James Clapper, ex capo dell'intelligence americana che in un'intervista a 'Politico' ha escluso l'ipotesi impeachment. "Tutto ciò alimenterebbe la polarizzazione e la divisione - ha detto Clapper - nonché la teoria della cospirazione. Quindi, non sono sicuro che rimuovere il presidente sarebbe una buona cosa".

Va ricordato, infine, che non è mai accaduto nella storia americana che un presidente venisse deposto tramite impeachment. Solo in due casi venne invocato l'istituto: nel 1868 nei confronti del repubblicano Andrew Johnson e nel 1999 per Bill Clinton. Quest'ultimo subì l'impeachment per aver mentito sulla sua relazione con Monica Lewinsky (uno dei capi d'imputazione fu lo spergiuro), e per aver ostacolato la giustizia. Quanto a Nixon, non si può parlare propriamente di impeachment per lo scandalo Watergate, poiché il si dimise prima che venisse avviata la procedura.

Nel caso di Trump, potrebbe essere determinante la piega che prenderanno le indagini guidate da Mueller nei prossimi mesi. Se e quando la vicenda si allargherà a macchia d'olio, coinvolgendo altri collaboratori del presidente o facendo emergere nuove circostanze compromettenti.

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